Uno degli aspetti più difficili quando si ha a che fare con la covid è l'imprevedibilità: lo stesso virus che ad alcuni provoca poco più di un feroce mal di testa costringe altri a un mese di ventilazione polmonare, anche a parità di condizioni di contagio. Traiettorie molto divergenti nell'evoluzione della malattia si osservano persino nei gemelli identici, che hanno lo stesso patrimonio genetico di partenza e riferiscono di aver contratto la malattia nella medesima occasione. Gli studi su questi fratelli potrebbero aiutarci a rispondere a una domanda cruciale: quanto conta la genetica, nella progressione dell'infezione?
Il peso dei geni. Dall'inizio della pandemia, diversi studi hanno dimostrato che esistono fattori ereditari che possono influire sull'esito della malattia da coronavirus. Alcuni hanno evidenziato il ruolo lievemente protettivo del gruppo sanguigno 0, altri si sono concentrati su meccanismi genetici che codificano per le proteine superficiali ACE2 che il virus sfrutta per accedere alle cellule del corpo umano. Gli scienziati sono al lavoro per capire se le differenze nei geni che regolano il sistema immunitario possano contribuire alle risposte eccessive osservate nelle forme più critiche della malattia, e ci si chiede anche perché in certe aree geografiche (come l'Italia) si registri una mortalità molto più elevata che altrove, solo parzialmente spiegabile con altri fattori.
Un bivio inaspettato. Tuttavia, anche tra gemelli omozigoti, la risposta immunitaria alla CoViD-19 può essere completamente diversa. Un articolo pubblicato sul New York Times porta l'esempio di Kimberly e Kelly, due gemelle identiche di 35 anni ricoverate in un ospedale del Michigan con sintomi da covid la scorsa primavera. Entrambe sono arrivate con febbre e difficoltà respiratorie, ma mentre Kelly è stata dimessa in buone condizioni dopo una settimana, per Kimberly è stato necessario un mese in terapia intensiva.
Sul decorso clinico della loro malattia è stato scritto un articolo scientifico: come molti gemelli, le due donne conducevano esistenze molto simili. Entrambe erano sovrappeso e avevano una storia di malattie metaboliche. Oltretutto Kelly è affetta da asma e da una forma più grave di diabete: benché avesse le carte in regola per un decorso più critico della covid, è stata la sorella a ricorrere alla ventilazione assistita.
Differenze individuali. La scienza ci dice che anche in gemelli identici il sistema immunitario può presentare differenze marcate, che tendono ad aumentare con il tempo. Oltre a questo, molti fattori di rischio per le forme gravi di covid, come malattie cardiache, diabete, abitudine al fumo, ipertensione e obesità, dipendono in buona parte da abitudini di vita e fattori ambientali e non solo dalla genetica.
Anche l'esposizione a precedenti coronavirus "innocui", come quelli che causano banali raffreddori, potrebbe contribuire a una sorta di protezione pregressa da sintomi gravi di covid.
Alcuni scienziati hanno poi avanzato l'ipotesi che anche la quantità di coronavirus SARS-CoV-2 a cui si è esposti al momento del contagio influenza la gravità della malattia: il New York Times fa l'esempio di due gemelli statunitensi ammalatisi di covid lo scorso 4 luglio, durante un raduno familiare. Il fratello che viveva insieme ai genitori, anch'essi contagiati, ha contratto l'infezione in forma più seria rispetto al gemello che viveva per conto proprio. Forse la convivenza forzata con altri due adulti positivi può avere aumentato la carica virale complessiva a cui il nucleo è stato esposto.
Più unici di quanto si creda. Uno studio di recente pubblicato su Nature Genetics ha inoltre dimostrato che persino tra gemelli omozigoti (cioè nati da un singolo ovocita fecondato) esiste una differenza di 5,2 mutazioni genetiche in media, che si sviluppano già durante la fase dello sviluppo embrionale, e che potrebbero pesare sulla facilità con cui nel corso della vita si svilupperanno determinate malattie. Dopo la nascita e durante la crescita questi piccoli "refusi" nel DNA si accumulano mentre i gemelli vengono colonizzati da differenti batteri intestinali, cambiano stile di vita, fanno esperienze diverse. Tutti questi progressivi cambiamenti possono influenzare il modo in cui l'organismo risponde a un'infezione.
stesse lettere, diverse parole. Senza contare che alcune cellule immunitarie come i linfociti T e B, incaricati di produrre anticorpi, sviluppano la loro abilità nel riconoscere i patogeni non tanto grazie alle condizioni di partenza scritte nei geni, ma attraverso eventi di ricombinazione - in pratica il rimescolamento di segmenti di DNA mirato ad ampliare il repertorio difensivo di queste cellule. Data la vastità di patogeni che ci possono attaccare non avrebbe senso codificare un gene diverso per ogni possibile attività di un anticorpo. L'elemento di casualità che entra in gioco in questo processo lo rende unico e irripetibile per ogni persona, anche se le lettere di partenza sono le stesse, come nel caso di gemelli identici.