Dire addio definitivamente alla covid è quasi un'utopia: fin dai primi mesi della pandemia gli esperti avevano capito che lo scenario futuro più probabile sarebbe stato quello di una malattia endemica, che continuerà a circolare in forma meno grave tra noi. Ma meno grave in che senso? Sarà più simile a un raffreddore o a un'influenza stagionale? Nessuno ha la sfera di cristallo per sapere cosa accadrà (e si è già visto che anche le previsioni più ragionevoli vengono smentite dall'evoluzione virale), ma gli esperti concordano sul fatto che la comparsa delle varianti Delta e Omicron hanno scombinato le carte in tavola, e fanno presumere che il coronavirus si stia adattando per aggirare le nostre difese immunitarie e riuscire a contagiare anche chi è protetto da vaccini o infezioni precedenti.
Facilmente attaccabili. Durante i primi mesi di pandemia, il SARS-CoV-2 aveva campo libero: si trovava di fronte ospiti che non l'avevano mai incontrato, ed erano dunque totalmente vulnerabili all'infezione. A novembre 2020 compare nel Regno Unito la prima variante, la Alpha, in contemporanea la Beta in Sudafrica, e poco dopo la Gamma in Brasile: queste tre VoC (variants of concern, varianti preoccupanti) risultano più contagiose del ceppo originale, e la Beta e la Gamma sono anche parzialmente in grado di ridurre la quantità di anticorpi neutralizzanti prodotti dal nostro sistema immunitario. È il primo segnale che qualcosa sta cambiando.
Variante Delta. La variante Delta, identificata in India nella primavera del 2021, si rivela il 60% più contagiosa di Alfa: si moltiplica molto più velocemente nelle vie respiratorie degli infetti, e sembra riuscire a eludere almeno in parte la protezione data da vaccini e infezioni. Dopo alcune varianti che avevano destato qualche preoccupazione ma che si erano risolte in una bolla di sapone, molti esperti credono che eventuali nuove varianti non possano che mutare dalla Delta, ormai dominante in tutto il pianeta.
Il cambiamento di Omicron. Ma a fine novembre, una nuova svolta inaspettata: compare Omicron, individuata ancora una volta in Sudafrica (ma probabilmente originaria di un altro Paese africano dove il sistema di sequenziamento genomico non è efficace) e altamente contagiosa. Secondo Tom Wenseleers, biologo evoluzionista dell'Università cattolica di Lovanio (Belgio), un'aumentata contagiosità di Omicron non può essere l'unica spiegazione al repentino aumento dei contagi: una spiegazione più realistica, sostiene assieme ad altri ricercatori, è che la forza di Omicron stia nell'abilità di contagiare anche chi è vaccinato o guarito dalla covid.
Se così fosse, sostiene Sarah Cobey (Università di Chicago), questa teoria farebbe capire in quale direzione evoluzionistica si muove il SARS-CoV-2: non quella di moltiplicare all'infinito la propria contagiosità, ma quella di eludere l'immunità acquisita da chi è già stato infettato e ripescare ospiti già contagiati, rendendo potenzialmente illimitati i propri target.
Un futuro ignoto. Questo percorso evolutivo verso un'evasione immunitaria è comune a diversi virus respiratori, come quello influenzale: «Il modo più semplice per un virus di causare epidemie che si prolungano nel tempo è quello di evadere l'immunità: è quello che fanno i coronavirus stagionali», spiega Adam Kucharski (London School of Hygiene and Tropical Medicine). Il modo in cui il coronavirus evolverà influenzerà la sua transizione a virus endemico: ora come ora, lo scenario futuro più probabile sembra quello di un virus simile a quello dell'influenza, con picchi di contagi stagionali e la necessità di un aggiornamento periodico dei vaccini. La frequenza di questi aggiornamenti non è prevedibile, e dipenderà da quanto rapidamente SARS-CoV-2 muterà per eludere l'immunità dei suoi ospiti (noi). Ma il futuro, ricorda Nature, potrebbe essere ancora nelle nostre mani: vaccinare quante più persone possibile, finché le dosi che abbiamo a disposizione sono ancora efficaci, potrebbe essere la chiave per impedire al virus di mutare ancora e scatenare una nuova ondata di contagi.