Uno studio condotto da due università svizzere e pubblicato su Current Biology ha dimostrato che in Inghilterra in epoca medievale il batterio della lebbra era diffuso tra gli scoiattoli comuni (Sciurus vulgaris): la ricerca ha in particolare rilevato che i ceppi batterici ritrovati negli scoiattoli medievali erano strettamente legati a quelli isolati in alcuni scheletri di persone vissute nella stessa regione. Ciò che non è ancora chiaro è se siano stati gli animali a infettare gli umani o viceversa.
Pellicce e animali da compagnia. La zoonosi, se ci fu, venne favorita dai numerosi contatti tra scoiattoli e umani: oltre al commercio di pellicce – molto richieste dai membri dell'alta società e, in particolare nell'XI e XII secolo, dalle famiglie reali inglesi – gli scoiattoli venivano spesso tenuti come animali da compagnia a corte e nei monasteri femminili.
Analisi genetiche. Per arrivare alle loro conclusioni i ricercatori hanno studiato i resti di 25 umani e 12 scoiattoli ritrovati in due diversi siti archeologici della città di Winchester, nel sud dell'Inghilterra. I resti umani sono stati estratti da un ex lazzaretto, mentre quelli degli animali dal negozio di uno scuoiatore: «Abbiamo condotto le analisi genetiche sulle minuscole ossa delle zampe degli scoiattoli, che pesavano appena 20 o 30 milligrammi ognuna: non proprio una grossa quantità di materiale», sottolinea Christian Urban, uno dei coordinatori della ricerca.
Lo studio, dopo aver ricostruito quattro genomi del batterio della lebbra (Mycobacterium leprae) ritrovati in scoiattoli e umani, ha scoperto che tutti appartenevano a un singolo ramo dell'albero genealogico del M. leprae, a dimostrazione del fatto che all'epoca l'infezione circolava tra umani e animali.
Guardare al passato per predire il futuro. I risultati, sottolineano gli studiosi, sono di particolare importanza per predire l'andamento della lebbra in futuro: «Solo un confronto diretto tra i ceppi che infettavano gli animali e gli umani dell'epoca ci può aiutare a ricostruire i potenziali eventi di contagio e a studiare il futuro delle zoonosi», spiega Verena Schünemann, una dei coordinatori della ricerca. La chiave per comprendere come mai la lebbra non sia ancora stata eradicata nonostante i numerosi tentativi potrebbe dunque essere proprio guardare ai serbatoi animali.