Salute

Funghi allucinogeni, la ricetta in laboratorio

Ricreato in laboratorio il processo biochimico che porta alla psilocibina, la sostanza psichedelica: la si potrà così produrre in modo controllato, per nuovi farmaci.

L’ingrediente chiave dei funghi allucinogeni è la psilocibina. È questo composto, con una struttura molto simile all'LSD, l'altra famosa droga lisergica, che produce gli effetti psichedelici già noti ai nativi americani.

Finora non si sapeva come facessero i funghi a sintetizzarla. Ora un gruppo di ricercatori della Friedrich Schiller University di Jena, in Germania, ha scoperto la via biochimica attraverso cui viene prodotta, aprendo la strada alla possibilità di sintetizzare artificialmente la sostanza per uso farmacologico.

La reazione. I chimici hanno sintetizzato i genomi di due diverse specie di funghi, Psilocybe cubensis e Psilocybe cyanescens, per individuare i geni che governano la produzione del composto. Poi hanno individuato il punto di avvio della reazione di sintesi e tutti i passi che portano alla psilocibina. Come già ipotizzato da alcuni studi di cinquant’anni fa, all’inizio della catena c’è l’aminoacido triptofano, in una forma particolare, su cui poi agiscono quattro diversi enzimi.

I ricercatori hanno anche modificato geneticamente dei batteri in modo da usarli come fabbriche per la produzione degli enzimi coinvolti.

Una vicenda che parte da lontano. La psilocibina, come altre simili sostanze psichedeliche, ha una storia controversa. Un suo analogo, l'LSD (l'acido lisergico), fu identificato per la prima volta nel 1959 dal chimico svizzero Albert Hofmann, prima di diventare la droga della beat generation.

Studiatissima dai ricercatori negli anni ’60 per le sue proprietà di alterare la coscienza, venne poi demonizzata quando ormai il suo consumo era diventato quasi di massa. Più di recente, è tornata a essere studiata nei laboratori, dato che come già si era intravisto sembra possa utile nel trattamento di disturbi psicologici e psichiatrici. È stata sperimentata per alleviare i sintomi della depressione, per ridurre l’ansia nei malati terminali di cancro e per attenuare la dipendenza da nicotina.

Se gli studi clinici ne confermeranno ne l’utilità, produrla in laboratorio in modo controllato, come farmaco, non sarà più impossibile.

24 agosto 2017 Chiara Palmerini
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