Una ricerca pubblicata su Cell Metabolism ha studiato nei topi l'effetto del freddo sulle malattie autoimmuni, rilevando un notevole miglioramento dei sintomi quando i roditori venivano esposti per un tempo prolungato a temperature rigide. Il corpo, dovendo scegliere verso quale attività canalizzare le proprie energie, darebbe priorità all'obiettivo vitale di mantenersi al caldo, riducendo così le funzioni immunitarie.
Effetti sorprendenti. I ricercatori hanno confrontato le reazioni di due gruppi di topi, entrambi affetti da encefalomielite autoimmune sperimentale (EAE), il corrispondente animale della nostra sclerosi multipla. I primi, esposti a temperature di 10 °C per due settimane, hanno sperimentato un notevole miglioramento nei sintomi della malattia, con una scomparsa quasi totale della paralisi agli arti che impediva loro di muoversi normalmente; nei secondi, esposti a temperature di circa 33 °C, gli studiosi hanno invece riscontrato un peggioramento dei sintomi.
Guardando alle cellule immunitarie dei topi, i ricercatori hanno determinato che il freddo aveva indotto dei cambiamenti nei monociti (globuli bianchi fondamentali nel gestire la risposta immunitaria), influenzando la loro abilità di istruire le cellule T ad attaccare il sistema nervoso.
Stiamo troppo al caldo? Ricordando che si tratta ancora solo di studi sui topi, e che è quindi ancora presto per trarre conclusioni riguardanti la nostra salute, Mirko Trajkovski, uno degli autori, vede però dei parallelismi con noi umani: «Il miglioramento delle condizioni di vita nei Paesi occidentali è andato di pari passo con un aumento delle malattie autoimmuni», afferma, evidenziando che si tratta comunque solo di uno tra tanti fattori. In futuro, Trajkovski si augura di comprendere più a fondo in che modo il freddo influenza i monociti, anche in assenza di malattie autoimmuni: «Potrebbe essere questa la chiave per capire il motivo per cui siamo più soggetti alle infezioni in inverno», conclude.