Roma, 2 feb. (AdnKronos Salute) - Prima di essere genitori hanno praticato uno o più sport. E c'è chi, da tifoso sfegatato, non si perde una partita di calcio o basket. Passioni che vorrebbero trasferire anche ai figli. Così il 40% delle mamme e dei papà spinge i piccoli tra 5 e 7 anni verso lo sport che ama, più che considerare l'inclinazione dei bambini. "E' un peccato, perché in questo modo il giovane risponde più alle imposizioni, ai desideri o alle illusioni degli altri, non al piacere e all'interesse per ciò che fa. Troppi genitori, possiamo stimare 2 su 5, iscrivono i figli allo sport che piace a loro, quello nel quale si sono divertiti di più o che hanno solo sognato, oppure a quello che promette guadagni da sogno o fa tanto 'chic'". Lo spiega all'Adnkronos Salute Vincenzo Prunelli, medico e psicologo dello sport, presidente dell'Associazione nuovo sport giovani.
Tanto sport "è stato trasformato in un lavoro privo di divertimento, mentre, in concreto, il gioco con poche regole è lo strumento più efficace per provare il nuovo, imparare a vincere e scoprire nuove abilità. Sembra strano - osserva Prunelli - ma il gioco è più efficace di un discorso tecnico o dell'imitazione del gesto di un campione. Per un giovane è lo strumento per arrivare all'intuizione, alla creatività e all'ingegno che distinguono il talento. Troppi genitori vogliono far studiare il figlio da campione e pretendono che dal primo giorno impari i gesti del fuoriclasse - sottolinea il medico - salvo dover fare presto i conti con la realtà. E allora c'è quello che ne fa provare tanti, magari tutti insieme, per trovare quello giusto; quello che lo ritira dallo sport e gli fa sentire tutta la sua delusione e quello, ancora più negativo, che lo costringe a continuare fino a nausearlo".
Ma secondo l'esperto "è più tardi che gli errori e le pressioni iniziano a lasciare segni difficili da cancellare. Diffidiamo - avverte - di una formazione che è semplice addestramento, chiede solo imitazioni, non lascia spazio a critica, creatività e iniziativa libera, condanna l'errore quando è lo strumento per sperimentarsi e valuta il risultato prima delle intenzioni e dell'impegno. Oppure della specializzazione precoce, che chiama in causa il pensiero astratto e la progettazione a lungo termine - che il bambino non possiede ancora perché vive 'qui e ora' e percepisce solo attraverso i sensi - e trasforma quello che dovrebbe essere un gioco in un lavoro. Ecco - aggiunge Prunelli - che subentrano la noia per lo sport, la mancanza di piacere e interesse e il soffocamento delle motivazioni, e si prepara l'abbandono".
In età infantile l'insistenza, l'obbligo e la costrizione sono fattori del tutto negativi. "Il giovane si rende conto di dover soddisfare bisogni e illusioni del genitore - analizza Prunelli - e allora alza il prezzo delle pretese, trascura la scuola o passa decisamente alla reazione. La creatività è un'energia che in qualche modo deve defluire, e il nostro compito è farla operare in campi positivi, altrimenti nei casi fortunati può manifestarsi come stravaganza, fatuità o inconcludenza, mentre negli altri può diventare una forza distruttiva".
L'esperto suggerisce una possibile via d'uscita: "I giovani devono misurarsi dove possono anche vincere, perché l'insicurezza che si genera nei sicuri perdenti è un peso di cui è difficile liberarsi - ammonisce Prunelli - E più sono piccoli, più è giusto lasciarli giocare in libertà, perché è l'unico percorso per arrivare al talento. Iniziamo, quindi, a pensare che il piacere delle cose che si fanno rappresenta una motivazione importante".
L'esperto traccia dunque le linee da seguire per il genitore che fa avvicinare il figlio alla prima attività sportiva: "Il ragazzino deve avere dei traguardi adatti alle sue capacità, oltre alla possibilità di superare i naturali sentimenti di inadeguatezza e ridurre e annullare la distanza che lo separa da noi. Vanno aggiunte anche la scoperta e la sperimentazione di nuove abilità - conclude Prunelli - Così il bambino riuscirà da solo ad accedere a nuove conoscenze e ricevere l'apprezzamento dell'adulto".