Salute

Fecondazione: Usa, mamma con utero in affitto rifiuta aborto e fa causa

In California una 47enne rivendica i suoi diritti e porta genitore intenzionale in tribunale

Milano, 8 gen. (AdnKronos Salute) - Una donna che affitta il suo utero può rifiutarsi di abortire quando questo le sia richiesto dai genitori intenzionali e ci siano rischi per la salute di madre e bambino? La questione si sta discutendo negli Usa, dove in molti Stati esistono leggi che permettono di stipulare un regolare contratto dove una donna si impegna a portare in grembo uno o più figli non suoi in cambio di denaro. In questi giorni la stampa internazionale sta seguendo il caso di Melissa Cook, una 47enne californiana incinta di 3 gemelli i cui gameti arrivano da un 50enne della Georgia mentre gli ovuli sono di una donatrice. Cook ha respinto la richiesta di 'riduzione selettiva' arrivata dal padre intenzionale, intentando una causa contro l'uomo.

Secondo la donna, le motivazioni della richiesta sarebbero legate a preoccupazioni economiche e per la salute dei futuri bebè. "Sono una madre pro life e non voglio abortire, stanno andando bene tutti e 3", spiega l'interessata. La donna, incinta alla 23.ma settimana, si è rivolta alla Suprema Corte di Los Angeles perché ritiene che la legge californiana su questa forma di fecondazione assistita violi i diritti di uguale protezione garantiti dalla Costituzione. "Non considero più gli accordi di maternità surrogata favorevolmente come in passato - dichiara Cook al 'Washington Post' - Ho una profonda empatia per gli uomini che vogliono figli. Tuttavia, ora penso che il concetto di base di questo tipo di accordi vada riesaminato".

La testata americana riporta che il padre dei 3 gemelli avrebbe detto alla donna di aver valutato l'adozione per uno dei piccoli, ma gli era sembrato crudele separarli e quindi aveva optato per l'aborto. Tutti e tre gli embrioni impiantati nell'utero di Cook hanno attecchito e secondo Robert Walmsley, l'avvocato dell'uomo, sarebbero stati i medici a spiegare al padre che i rischi associati al parto multiplo erano maggiori, suggerendo una 'riduzione', termine usato dal personale sanitario per indicare l'eliminazione di un feto quando ci sia un rischio per la madre o per il bambino. Per Walmsley questo "lo ha costretto fare quella richiesta", mentre per Cook la vera motivazione sarebbe che l'uomo non vuole allevare tre figli.

Judith Daar, presidente dell'American Society for Reproductive Medicine Ethics Committee e professoressa all'Irvine School of Medicine, conferma che nei parti multipli, particolarmente quelli con 3 o più bambini, possono manifestarsi complicazioni per madre e figli. In ogni caso, per il Center for Bioethics and Culture Network la causa di Cook rappresenta un 'caso epocale'.

"Le donne in tutta America sono state intimidite e sfruttate dall'industria per la maternità surrogata che va a caccia dei poveri per profitto - sostiene Jennifer Lahl, presidente del centro - E ora quest'industria si è spinta troppo in là cercando di obbligare le donne ad abortire feti sani per un mero beneficio economico".

"Attraverso casi come questo, gli americani inizieranno a capire perché il Canada e tantissimi Paesi europei, asiatici e africani hanno vietato la maternità a pagamento. Trasforma le donne in allevatrici anonime e i bambini in prodotti da ordinare. Questo - continua Lahl - deve finire".

Nella causa in corso, Cook sostiene di essere la madre legale dei 3 gemelli, e cerca di ottenere i diritti parentali sul terzo bimbo e la custodia per i primi due. La donna chiede anche di non poter essere citata in giudizio perché si è rifiutata di abortire. Secondo Daar, anche se la maggior parte degli accordi di maternità surrogata contengono clausole di aborto in cui un genitore intenzionale può richiedere una riduzione per la sicurezza di donna e feti, la procedura non è realmente applicabile. Walmsley ha fatto sapere comunque che il padre biologico ha accettato la decisione di Cook, anche se non è d'accordo, e che alleverà tutti e 3 i figli.

8 gennaio 2016 ADNKronos
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