Roma, 17 mar. (AdnKronos Salute) - Un uomo inglese ha citato in giudizio la ex moglie chiedendo 100.000 sterline come risarcimento per essere stato indotto a pensare di essere il padre di un bambino nato dopo un trattamento per l'infertilità. Mentre sembra che la donna abbia utilizzato, per la fecondazione in vitro, nientemeno che il seme di un suo ex fidanzato. L'insegnante, che ha ora 60 anni, sostiene di non avere mai avuto alcun sospetto e che la donna l'ha informato della 'notizia bomba' solo quando il piccolo ha compiuto cinque anni. Ora ne ha nove, e la coppia, come si può immaginare, ha divorziato.
I due si erano sposati nel 2002, e nel 2004 si erano recati in una clinica di Barcellona per un ciclo di procreazione medicalmente assistita, dove l'uomo ha donato il suo campione di sperma. Ma pochi mesi dopo la donna, che ora ha 50 anni, è tornata alla clinica con un ex fidanzato, che ha ugualmente donato il seme, utilizzato poi, a quanto sembra, per fecondare i suoi ovuli. Il bimbo è nato nel 2005.
Alla Central London County Court si sono susseguiti i racconti, spesso un po' discordanti, dei due ex coniugi. Per prima, la madre ha detto di aver sempre pensato che l'ex marito sapesse di non essere "necessariamente" il padre del ragazzino.
L'avvocato dell'insegnante ha invece affermato che l'uomo non sapeva assolutamente nulla di quanto accaduto. E ha fatto sapere che ha sempre curato il bambino quando la moglie lavorava, pagando più di 80.000 sterline per mantenerlo. Nel 2011 è sorta una disputa sull'affidamento e la madre, descritta come "una donna in carriera indipendente", ha confessato all'ex marito che non era il "padre biologico", cosa che è stata confermata da un test del Dna.
Ora l'uomo chiede i danni per "disagio e umiliazione", e per coprire l'importo pagato per il mantenimento, più un risarcimento per la perdita di guadagno. Di fronte alla Corte, ha ammesso di essere consapevole che l'ex fidanzato della donna aveva donato il seme nella stessa clinica, ma ha detto che lei gli aveva sempre assicurato di aver utilizzato il suo sperma.
Da parte sua la donna, che si rappresenta da sola, ha dichiarato: lui "sapeva fin dal primo giorno che ero stata in quella clinica con il mio ex ragazzo. Io non sapevo quale campione effettivamente fosse stato utilizzato. Non ho chiesto nulla. Ho solo presupposto che era più probabile che avessero utilizzato il campione fresco, ma non lo sapevo con certezza".
La parola spetta ora alla Corte londinese.