Roma,18 mar. (AdnKronos Salute) - "Chiunque, in qualsiasi modo, organizza, pubblicizza, utilizza o ricorre alla surrogazione di maternità è punito con la reclusione da 2 a 5 anni e con la multa da 1, 2 milioni a 2 milioni di euro". E' quanto prevede l'articolo 1 Ddl 'Proposta di legge sulla disciplina del divieto di maternità surrogata' presentata oggi a Roma dai ministri della Salute, Beatrice Lorenzin, e degli Interni, Angelino Alfano insieme alle parlamentari di Area popolare. "Chiunque organizza o pubblicizza - continua l'aritcolo 1 del Ddl - la commercializzazione di gameti o embrioni è punito con la reclusione da 1 a 3 anni e la multa da euro 600.000 a euro 1.000.000". L'articolo 1 del Ddl, secondo i promotori, dovrebbe sostituire l'articolo 12 della legge 40.
Sempre l'articolo 1 sottolinea che, "salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la pena della reclusione da 2 a 8 anni e con la multa da euro 25.000 a 200.000, chiunque commercia, vende, acquista ovvero, in qualsiasi modo e a qualsiasi titolo, riceve un compenso per ottenere cellule e tessuti di origine umana prelevati da persona vivente".
Il Ddl prevede anche una responsabilità amministrativa degli enti "in relazione alla commissione dei delitti di cui all' articolo 12 della legge 40 si applicano all'ente, anche di diritto straniero, nella cui struttura è commesso il delitto la sanzione pecuniaria fino a 800 quote e le sanzioni interdittive previste dall'art. 9 comma 2 per una durata non inferiore ad 1 anno". L'articolo 3 del Ddl 'Proposta di legge sulla disciplina del divieto di maternità' sottolinea la necessità della tracciabilità a scopi medici per i nati da maternità surrogata e stabilisce che è "garantito il diritto alla conoscenza delle proprie origini e la tracciabilità a scopi medici, per i nati da maternità surrogata. Nel certificato di nascita vanno riportati gli estremi anagrafici dei genitori biologici che hanno contribuito al concepimento e al parto, ovvero padre e madre genetica, nonché madre gestazionale".
Con riferimento all'applicazione della legge penale italiana a fatti commessi all'estero e ai dubbi che in relazione a questo specifico punto possono essere sollevati, i promotori nella relazione al Ddl avverto che "secondo le più autorevoli ricostruzioni scientifiche, la legge penale italiana è, quanto alla sua sfera di applicazione in rapporto al territorio, caratterizzata dal principio della tendenziale universalità. Al riguardo basterà ricordare che l'articolo 7 Codice penale contiene un catalogo di reati ai quali è applicabile la legge penale italiana - senza alcun condizionamento alla punibilità e procedibilità - indipendentemente dal luogo in cui essi siano stati commessi".
"Se ciò non bastasse, gli articoli 9 e 10 del Codice penale sciolgono ogni dubbio - prosegue la relazione - Questi ultimi infatti, seppure nel rispetto di talune condizioni che variamente ne limitano l'applicazione, quanto alle soglie edittali e alla presenza di talune condizioni di procedibilità, nonché alla condizione di punibilità costituita dalla presenza del cittadino o dello straniero nel territorio dello stato, impongono l'applicazione della legge penale italiana nei confronti di questi ultimi nel caso in cui essi abbiano commesso all'estero un reato contro un cittadino o lo stato italiano, ovvero anche contro un cittadino o uno stato estero.
Da ciò - si conclude - risulta che la legge penale italiana è applicabile anche al caso limite di un cittadino straniero che all'estero abbia commesso un reato ai danni di un cittadino straniero ovvero di uno stato straniero".