Roma, 5 mag. (AdnKronos Salute) - Il farmaco generico rappresenta ancora oggi soltanto il 30% circa delle vendite complessive di medicinali a brevetto scaduto in Italia. Eppure, dare impulso a questi prodotti influirebbe positivamente sulle 'tasche' dei cittadini: se tutti i farmaci che gli italiani acquistano direttamente (Otc, Sop e prodotti di fascia C soggetti a prescrizione, inclusa la fascia A dove il cittadino paga il differenziale di prezzo con il farmaco di marca) fossero 'senza marca', il risparmio che i cittadini otterrebbero arriverebbe a 1,4 miliardi di euro ogni anno.
E' quanto emerge dallo studio 'Il sistema dei farmaci generici in Italia - Scenari per una crescita sostenibile' realizzato da Nomisma per AssoGenerici e presentato oggi a Roma. Questo risparmio privato andrebbe ad alimentare, secondo una propensione media al consumo calcolata dalla Banca d'Italia, un incremento dei consumi in altri settori dell'economia che, nell'ipotesi massima, sarebbe di circa 700 milioni di euro: una spinta per l'economia nazionale ottenibile senza ridurre l'accesso a un bene indispensabile come il farmaco, ma semplicemente reindirizzandolo. Dall'indagine Nomisma, inoltre, è emersa una fotografia decisamente sbilanciata: da una parte, tra chi ha fatto uso di farmaci negli ultimi 12 mesi la maggior parte conosce i generici (90%) e molti ne hanno fatto uso almeno una volta (72%); dall'altra l'elevato numero di autorizzazioni all'immissione in commercio induce molti medici a seguire pattern prescrittivi consuetudinari. Sembra esistere, infatti, un 'vuoto informativo' tra medico e produttori di farmaci generici che incide negativamente sulla capacità di penetrazione dei generici stessi, tanto che il mercato dei farmaci fuori brevetto è ancora oggi dominato dai farmaci 'di marca'.
Uno degli effetti dei generici è naturalmente anche una contrazione della spesa pubblica a fronte di un aumento delle confezioni vendute, poiché l'introduzione di un farmaco generico porta a una riduzione del prezzo per confezione pari mediamente al 60% a un anno dall'ingresso sul mercato. "Mi sembra evidente dalle conclusioni dello studio - dice il presidente di AssoGenerici Enrique Häusermann - che se il generico ha rappresentato per la sanità italiana un'ancora di salvezza, lo ha fatto pur non esprimendo appieno tutto il suo potenziale. Di questo dovrebbe tenere conto il decisore politico alla ricerca di ulteriori risparmi, anziché ipotizzare soluzioni draconiane di breve incidenza sui bilanci ma molto rischiose per il comparto farmaceutico".
"Ma al di là dell'aspetto direttamente sanitario - conclude - rimuovere gli ostacoli che ancora oggi incontrano le industrie europee del generico, per esempio permettendo la produzione per l'esportazione anche nel periodo di vigenza del brevetto verso Paesi dove il brevetto è già scaduto, potrebbe favorire lo sviluppo dell'apparato produttivo nazionale, l'aumento dell'occupazione, come dimostrato dallo studio di Nomisma, e anche migliorare la performance dell'economia nazionale.
Non si tratta di andare a discapito degli altri attori dell'industria farmaceutica, anzi, ma di dare una nuova chance di sviluppo industriale a tutto il settore manifatturiero farmaceutico del nostro Paese. I risultati dello studio confermano quanto abbiamo sostenuto in questi anni: la necessità di rivedere i meccanismi di pay-back, di eliminare il patent linkage come impone l'Europa e di promuovere il ricorso a farmaci equivalenti e biosimilari".