Alcuni farmaci utilizzati per trattare la covid sono stati rilevati nelle acque reflue in entrata e in uscita da alcuni impianti di scarico in Pennsylvania: secondo i ricercatori che hanno effettuato lo studio, pubblicato sul Journal of Environmental Quality, i livelli di alcuni medicinali sarebbero sufficientemente alti da avere un potenziale dannoso per gli organismi acquatici. «L'aumento delle concentrazioni dei farmaci potrebbe essere connesso a un uso maggiore che ne è stato fatto durante la pandemia», spiega Heather Preisendanz, una degli autori.
Da maggio 2020 a maggio 2021, gli studiosi hanno raccolto settimanalmente dei campioni delle acque reflue affluenti (in entrata) ed effluenti (in uscita) di due impianti di scarico in Pennsylvania. Le hanno poi analizzate per rilevare l'eventuale presenza del coronavirus SARS-CoV-2 e di diversi farmaci, tra cui antidolorifici, antibiotici e farmaci specifici per il trattamento della covid. In piena pandemia, spiega Preisendanz, chi presentava sintomi veniva invitato a curarsi a casa con antidolorifici come il naproxene o il paracetamolo; le infezioni batteriche che insorgevano insieme alla covid venivano trattate con antibiotici; con i pazienti più gravi, che necessitavano di ricovero, si è tentata a volte la cura con remdesivir o desametasone.
Antidolorifici. Tra i farmaci analizzati, gli antidolorifici erano quelli più presenti nelle acque reflue, ma il loro uso non sarebbe connesso alla covid: tuttavia il naprossene, spesso utilizzato per curare l'artrite, è stato ritrovato in concentrazioni tali da rappresentare un rischio da basso a medio per gli organismi acquatici.
Remdesivir e desametasone. Le concentrazioni di remdesivir e desametasone sarebbero invece connesse alla covid, e in particolare ai pazienti ricoverati in un ospedale della zona dove sorgeva uno dei due impianti analizzati: nelle acque affluenti sono state riscontrate delle concentrazioni di remdesivir pari al 28% e di desametasone pari al 31%. L'impianto riusciva a depurarne rispettivamente il 39% e il 56%. «Non è possibile calcolare il rischio preciso che questi due farmaci comportano per gli organismi acquatici, poiché non sono stati ancora condotti studi sul tema», spiega Preisendanz, che sottolinea però che le quantità di desametasone rilevate potrebbero essere dannose per i pesci.
Antibiotici. Per quanto riguarda gli antibiotici, i ricercatori hanno rilevato che le concentrazioni di trimetoprim rappresentano un rischio da basso a medio per gli organismi marini, mentre quelle di sulfametossazolo potrebbero essere molto dannose soprattutto per le alghe, nutrimento per molti animali acquatici.
Monitorare le acque reflue. «È importante sottolineare che questi calcoli non tengono conto dell'effetto combinato dei diversi farmaci, che potrebbe essere molto peggiore», mette in guardia Preisendanz.
Il loro studio, conclude l'esperta, sottolinea l'importanza del monitoraggio delle acque reflue per capire gli effetti che i farmaci possono avere sulla qualità dell'acqua e sull'ecologia.