Salute

Un'esplosione in un laboratorio di ricerca russo che contiene una riserva di vaiolo

L'incidente è avvenuto nel sito di biotecnologie Vector, una delle ultime due strutture al mondo a mantenere campioni del virus. Si è verificato un incendio, subito domato, ma non risultano rischi di dispersione dei patogeni.

Lunedì 16 settembre una fuga di gas ha causato un'esplosione e un incendio all'interno del Virology and Biotechnology Center (Vector) di Koltsovo, in Siberia, un complesso di laboratori che si occupa di ricerca su malattie dal potenziale epidemico e che per questo motivo contiene riserve di Ebola, antrace, influenza aviaria e altri pericolosi patogeni.

Il centro russo è anche uno degli unici due laboratori al mondo a mantenere campioni di vaiolo, una malattia infettiva causata da due varianti del virus Variola, ufficialmente eradicata, grazie ai vaccini, nel 1979. L'altra struttura è uno dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC) di Atlanta (Stati Uniti).

Le dinamiche dell'incidente. Secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa russa non governativa Interfax, l'esplosione sarebbe avvenuta al quinto piano di un edificio della Vector, in un'area dedicata all'igiene e alla disinfezione, interessata da lavori di ristrutturazione. L'incendio che ne è seguito avrebbe investito 30 metri quadrati di spazio e provocato ustioni a uno dei dipendenti, che è stato ricoverato in ospedale.

La Vector ha dichiarato che il settore interessato dall'incidente non è convolto in ricerche scientifiche e non contiene materiale a rischio biologico, notizia che è stata confermata da fonti esterne. Un'indagine federale sta accertando le cause della fuga di gas per capire se si sia venuti meno a fondamentali norme di sicurezza, ma in ogni caso non sembrano sussistere rischi di contaminazione.

Fialette di vaccino contro il vaiolo prodotte e vendute nel 1902. Risalgono a un secolo dopo la scoperta del vaccino contro il vaiolo del medico britannico Edward Jenner, che si accorse che iniettando nei pazienti materiale ricavato da lesioni di vaiolo bovino (ed equino) questi risultavano immuni dal vaiolo umano. © Jose Esparza

A mai più rivederci. Il vaiolo è stato responsabile di circa 300 milioni di morti nel Ventesimo secolo, prima che una capillare campagna vaccinale permettesse di debellarlo definitivamente nel 1979. L'ultima vittima diretta del virus fu Janet Parker, una fotografa di medicina, che nel 1978 entrò in contatto con un campione di vaiolo in un laboratorio della Birmingham Medical School.

Il direttore del laboratorio, Henry Bedson, si tolse la vita prima che la morte di Parker fosse confermata, per il rimorso di aver fatto uscire il virus dalla struttura: prima di morire, la fotografa era entrata in contatto con molte persone, ma solo la madre della donna contrasse il vaiolo, e fu poi curata.

Un successo della medicina moderna. Un anno dopo l'accaduto, la malattia fu considerata ufficialmente eradicata, e dopo un acceso dibattito - con i Paesi più colpiti dall'epidemia che premevano per la totale soppressione dei campioni, considerati una potenziale minaccia - si decise di custodire un paio di riserve del virus da studiare in caso di improvvise recrudescenze della malattia.

Da allora si è discusso molte volte sull'opportunità di conservare un virus che nelle mani sbagliate potrebbe essere utilizzato come arma biologica (ne conosciamo il genoma, che potrebbe essere facilmente replicato).

Come ulteriore forma di prudenza è stato persino approvato un farmaco contro il vaiolo - un fatto quantomeno inusuale, per una malattia considerata estinta.

Una storia ingombrante. Forse per via di queste premesse, e per un passato non proprio limpido di ricerca sulle armi biologiche, negli anni della Guerra Fredda, sulla Vector pesa una reputazione controversa. L'incidente del 16 settembre, che segue di poche settimane l'esplosione in una base navale russa dove si testava un missile nucleare, ha generato la solita ondata di allarmismo in Rete.

In realtà per poter conservare il vaiolo, il complesso siberiano deve rispondere a una serie di stringenti requisiti monitorati ogni due anni dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Ha un livello di biosicurezza 4 (il più alto), che prevede tra l'altro che la struttura che contiene i patogeni sia completamente isolata da tutte le altre, e provvista di impianti che, anche se compromessi, impediscano la diffusione di patogeni trasmissibili per via aerea.

25 settembre 2019 Elisabetta Intini
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