Il nesso tra inquinamento e aumento del rischio di malattie al cuore è noto: quello che non era finora chiaro è attraverso quali meccanismi lo smog possa influire sulla salute cardiovascolare. Ora una ricerca di un team della University of Washington, pubblicata su The Lancet, chiarisce la questione.
Lo smog respirato a casa. Le nuove prove vengono da uno studio epidemiologico condotto negli Stati Uniti, durato dieci anni e per la prima volta progettato in modo specifico per osservare gli effetti dell’inquinamento sulla salute cardiovascolare.
Circa seimila persone, in sei aree metropolitane, sono state seguite nel corso del tempo, misurando il livello di inquinamento a cui erano esposte a casa loro. In particolare, sono stati considerati i livelli di esposizione al particolato fine, quello di diametro inferiore ai 2,5 micron, invisibile a occhio nudo ma considerato il più pericoloso, e gli ossidi di azoto, presenti nei gas di scarico delle auto.
Oltre a molte misure reali prese nelle abitazioni, è stato creato un modello per predire l’esposizione giornaliera per ogni specifico indirizzo in base al volume del traffico, alle condizioni meteorologiche e alle fonti locali di inquinamento. Nel corso dello studio, tutti i partecipanti sono stati sottoposti più volte a Tac coronariche per misurare l’ispessimento delle arterie coronarie negli anni tra il 2000 e il 2012.
Depositi veloci. Dall’analisi finale dei dati è emerso che anche livelli di inquinamento tutto sommato modesti, comuni nelle città, accelerano lo sviluppo delle placche aterosclerotiche in media del 20 per cento l’anno: più alta è la concentrazione degli inquinanti, più rapida è la deposizione di calcio nelle arterie.
In termini tecnici, ogni aumento di 5 microgrammi per metro cubo di PM2.5 o di 35 parti per milioni di ossido di azoto - più o meno la differenza tra le zone più e meno inquinata di una città - comporta una progressione più rapida dei depositi di calcio nelle coronarie di circa 4 unità Agatston, il fattore con cui viene misurato questo parametro.
Preoccupante. Tra l’altro, i livelli di inquinamento cui si sono osservati questi effetti sono piuttosto bassi, intorno alla media annuale permessa negli Stati Uniti per le particelle sottili PM2.5, 12 microgrammi per metro cubo, circa la metà degli standard consentiti in Europa, 25 microgrammi per metro cubo.