«L'epidemia è fuori controllo»: le parole del dottor Bart Janssens, direttore delle operazioni di Medici Senza Frontiere, lasciano pochi dubbi. I contagi del temibile virus, denunciati per la prima volta in Guinea all'inizio dell'anno, hanno ormai raggiunto 60 località, diffondendosi in Sierra Leone e Liberia.
Secondo le più recenti stime dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, il virus, che provoca febbri emorragiche, diarrea e problemi al sistema nervoso centrale, avrebbe già infettato 567 persone e provocato la morte di 350 contagiati.
A macchia d'olio. La scala di diffusione dell'epidemia è, per numero di contagi e per estensione geografica delle località toccate, la più grave in assoluto dal 1976, anno in cui il virus fu per la prima volta identificato nell'uomo. Chi riferisce prontamente i sintomi dell'infezione e viene immediatamente idratato ha più speranze di sopravvivere a una malattia che arriva ad uccidere fino al 90% delle persone che l'hanno contratta.
Distanza comunicativa. Ma a frapporsi tra medici e pazienti ci sono troppo spesso - denuncia l'ONG impegnata a portare cure nei paesi più poveri del mondo - ostacoli culturali. Capita che i malati vedano con sospetto i centri di cura, ed è difficile far capire alla popolazione che il contagio avviene tra uomo e uomo, attraverso lo scambio di fluidi corporei.
«Ci sono molti casi» ha detto Anja Wolz, cordinatrice di Medici Senza Frontiere «e noi siamo veramente al limite. La mia preoccupaizone è che questa sia solo la punta dell'iceberg. L'educazione e la prevenzione sono le chiavi per fermare l'epidemia, stiamo dicendo alla gente a quali sintomi fare attenzione e come prevenire futuri contagi. Ci sono ancora molte persone nella regione che pensano che l'Ebola non esista». Mano a mano che il virus avanza, dicono gli esperti, rischia di aumentare anche la facilità con cui si trasmette da uomo a uomo.
Esiste un rischio per l'Europa? E per l'Italia? Ma il virus potrebbe varcare i confini dell'Africa occidentale per raggiungere le nostre latitudini? «Il rischio per l'Europa è bassissimo» ci spiega Giovanni Rezza, Direttore del Dipartimento Malattie Infettive dell'Istituto Superiore di Sanità. «In primo luogo, è improbabile che una persona con Ebola arrivi in Europa perché il tempo di incubazione della malattia non è molto lungo, e quando ci si ammala non si è certo in grado di viaggiare».
«Inoltre il focolaio è per ora concentrato in Africa occidentale (Guinea, Sierra Leone, Liberia), in zone remote e piuttosto lontane dagli aeroporti: la probabilità che una persona contagiata arrivi in Europa è quindi molto bassa, anche se non si può escludere. In ogni caso il virus si diffonde per contatto diretto e non per via aerea: al contrario della SARS, quindi, Ebola non terrorizza i paesi industrializzati dove questo virus sarebbe facilmente tenuto sotto controllo. Le difficoltà che si stanno incontrando nel contenere l'epidemia in Africa occidentale sono dovute probabilmente a motivi logistici: si tratta di paesi remoti e in guerra dove Ebola ha già varcato due o tre frontiere».