Roma, 30 ott. (AdnKronos Salute) - Kaci Hickox è una combattente. Dopo aver lottato in Africa contro Ebola, ora combatte il sistema della quarantena preventiva in casa: i 21 giorni di isolamento per le persone tornate dai Paesi colpiti dall'epidemia. L'infermiera, che aveva denunciato disorganizzazione e maltrattamenti quando era stata messa in quarantena al suo arrivo all'aeroporto di Newark (scalo internazionale newyorkese che si trova in New Jersey), non ci sta a passare tre settimane chiusa in casa. Così ha iniziato un braccio di ferro con lo stato del Maine, dove risiede, per essere libera di uscire di casa, dal momento che sta bene e non ha alcun sintomo.
Il commissario alla Salute del Maine, Mary Mayhew, spera di poterla convincere ad adottare un approccio più prudente e "rispettoso del senso comune", pur stigmatizzando ai microfoni della Cnn la mancanza di leadership a livello federale, che ha creato un "patchwork" di approcci diversi, stato per stato, rispetto agli operatori sanitari che rientrano dai Paesi africani.
Insomma, per Mayhew mancano paletti chiari, ma "non si capisce perché" la Hickox stia sfidando chi le chiede solo di stare in casa fino a quando i sintomi possono manifestarsi. "Si tratta di una richiesta ragionevole, perché stiamo proteggendo la salute dei nostri cittadini", dice Mayhew.
Ma Hickox è convinta che la Costituzione degli Stati Uniti e la scienza siano dalla sua parte, e non intende starsene chiusa a casa. "Sono totalmente sana e senza sintomi - ha detto alla Cnn, con accanto il suo compagno - E sono frustrata dall'intenzione di un'azione legale nei miei confronti. Se si verificherà, sfiderò queste azioni legali".
La donna ha assistito con Medici senza frontiere i pazienti in Sierra Leone, e sottolinea che dal suo arrivo a oggi è risultata due volte negativa al test per Ebola. Dal momento che il virus non si trasmette se una persona è asintomatica, l'infermiera è convinta di non essere un pericolo per nessuno.
Uno dei suoi legali, Norm Siegel, ha detto che ogni misura per limitare i movimenti della sua cliente "è basata sulla paura e sul mito, e non su dati medici. Il governo non può togliere la tua libertà senza alcuna base, questo qui non esiste". Al momento l'infermiera è chiusa in casa, con la polizia alla porta per "monitorare" eventuali spostamenti, e i sanitari che ne controllano regolarmente la salute. La donna è d'accordo sulle restrizioni agli spostamenti, ad esempio sui mezzi pubblici: "So che ci sono cose che funzionano.
E tutti gli operatori sanitari le accettano, ma io non voglio stare qui e lasciare che i miei diritti civili siano violati se non ci sono basi scientifiche".