Salute

Ebola: americani impauriti e male informati, fobie e sospetti su africani

Washington, 17 ott. (AdnKronos Salute/Washington Post) - Gli americani sono sempre più spaventati da Ebola, ma rimangono poco informati sul virus e, soprattutto, sul modo in cui si trasmette. E' quanto emerge da un sondaggio realizzato dalla Kaiser Family Foundation che registra come, nonostante il 70% degli intervistati affermi di seguire attentamente le notizie su Ebola su i media che stanno offrendo un'informazione martellante e in molti casi allarmante sull'emergenza scattata all'ospedale di Dallas, solo il 36% degli americani sa che il virus può essere trasmesso solo se la persona infettata ha cominciato a manifestare i sintomi.

Quindi solo il 55% sa che non può essere trasmesso stringendo la mano a una persona esposta al virus che non ha ancora sviluppato i sintomi. Anche se una netta maggioranza, i due terzi, degli intervistati sa che il virus non si trasmette per via aerea, un buon terzo crede che vi sia questa, molto più allarmante, trasmissione del virus dell'Ebola.

Questa cattiva informazione, sommata alla psicosi collettiva, sta provocando delle paure irrazionali che generano sospetti nei confronti delle comunità degli immigrati africani, scrive oggi il 'Washington Post' ricordando come fosse un immigrato proveniente dalla Liberia Eric Duncan, che si è ammalato ed poi morto a Dallas dopo essere rientrato da un viaggio nel Paese dell'Africa occidentale, regione dove il numero dei morti per Ebola è arrivato a 4.500.

Nella zona di Washington vive una delle più grandi comunità di immigrati africani, 161 mila persone, tra le quali 10 mila provenienti dalla Sierra Leone e 6 mila dalla Liberia, secondo i dati dell'ultimo censimento. Gli immigrati provenienti da questi Paesi si sentono ostracizzati, affermano che le persone si rifiutano di stringere loro la mano, e qualcuno, al primo sintomo di raffreddore, è stato invitato dal datore di lavoro a tornare a casa.

E Alphonso Toweh, scrittore di Monrovia che si trova in questo periodo a Washington, racconta che quando sull'autobus qualcuno gli chiede da dove viene, quando sentono dalla Liberia si siedono lontano da lui. "Quando sentono che sei liberiano è come se pensassero che hai il virus latente nel corpo", afferma.

17 ottobre 2014 ADNKronos
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