I primi casi, anche gravi, sono stati registrati, ai telegiornali si alternano notizie contrastanti: occorre vacinarsi; basta lavarsi le mani; bisogna chiudere le scuole... L’influenza suina o H1N1 per intenderci, che circola fra noi dall’inizio dell’estate, è tornata di attualità. Sollevando molte domande a cui vorremmo dare delle risposte chiare e scientifiche. Quando aumenteranno i casi? Saranno gravi? Da dove viene questo virus e come evolverà nel tempo? Come prevenire l’infezione? Bisogna fare scorta di antivirali? Quali sono i sintomi?Chi è a maggior rischio di contrarla e chi invece rischia complicazioni? Quali sintomi avvertono del peggioramento? Continua la lettura oppure, cerca nel sommario le domande che ti interessano.
QUANDO INIZIERÀ L’EPIDEMIA?
«Dipende dal meteo: i casi aumenteranno quando cominceranno gli sbalzi termici» dice Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università di Milano che dirige il laboratorio di riferimento per la diagnosi di infezione del virus H1N1. Per due motivi:
1. l’abbassamento delle temperatura farà rallentare il battito delle cellule ciliate che rivestono le vie aeree e che hanno il compito di liberaci del muco e dei microbi che vi si sono invischiati spingendoli verso l’alto. Con i primi freddi i virus dell’influenza, non più velocemente espulsi, ne approfitteranno per infettare il sistema respiratorio.
2. con il freddo si tende poi a vivere al coperto e l’affollamento facilita la trasmissione del virus.
QUAL È LA SITUAZIONE ITALIANA?
Dal primo caso all’inizio di maggio, si è ufficialmente saliti a 1800 casi a fine agosto, senza vittime. «Ma sono decisamente sottostimati» dice Pregliasco. «Non è stato deciso ufficialmente, ma abbiamo smesso di effettuare una vera sorveglianza, anche perché non serve più: questo virus di norma non richiede la somministrazione di antivirali, e attualmente quasi tutti i casi di influenza sono da H1N1».
Il primo decesso ufficiale, collegato peraltro soltanto indirettamente all'influenza AH1N1, si è verificato a Napoli il 4 settembre. Per seguire i dati ufficiali, consulta il sito dell'Istituto superiore di Sanità. [Link]
C’È DA ESSERE PREOCCUPATI?
È una “pandemia” cioè una infezione planetaria, ma la forma virale è “lieve”. La gravità delle infezioni è data da due fattori:
1. la “cattiveria” del virus (per es. l’aviaria H5N1 è molto aggressiva e un focolaio limitato nel sud-est asiatico ha prodotto un alto tasso di ricoveri e elevata mortalità).
2. e la contagiosità, cioè il numero di casi di infezioni per 100 mila abitanti (un’epidemia può essere grave perché infetta milioni di abitanti, e un virus poco aggressivo causa molti ricoveri e decessi sui grandi numeri). In Australia, nelle prime 11 settimane di sorveglianza gli epidemiologi del Victorian infectious disease reference laboratory di Melbourne hanno segnalato che l’attività della pandemica è sovrapponibile a quella della stagionale del 2007 e inferiore alla stagionale del 2003. Insomma, l’H1N1 non è né cattivo né particolarmente contagioso.
E LA MORTALITÀ?
Anche qui numeri percentuali in libertà. Chi dice lo 0,5%, chi lo 0,2%, chi lo 0,1%. Ma per cento di che cosa che nessuno sa quanti sono gli infettati? Azra Ghani, epidemiologo delle malattie infettive all’Imperial college di Londra ha spiegato sul British medical Journal che ci sono casi di infezione tanto lievi da non dare febbre o sintomi. In altri casi il paziente se ne sta a casa, e anche questi casi non sono conteggiati. Insomma, nel computo ci sono soprattutto i soggetti ricoverati, spesso gravi: e allora la percentuale dei decessi non è per nulla elevata. E dove la mortalità è apparentemente elevata, significa che sono “sfuggiti” al computo un numero maggiore di casi.
Lo prevedono i catastrofisti, non sappiamo se interessati, e dicono che è successo nel 1918 con la Spagnola, e poi con i virus del 1890, del 1847 e del 1781. La prima ondata sarebbe stata meno aggressiva delle successive. Quello che non dicono è che questa regola non ha conferme nelle pandemie del 1900. «Inoltre nel genoma di H1N1 manca un gene, Pr1 (pathogenesis-related gene 1), che conferisce aggressività al virus» spiega Pregliasco, «Certo, è instabile e potrebbe mutare in un maiale, in un delfino, in un’otaria, ma al momento non mi sembra probabile».
I SOGGETTI IN SOVRAPPESO E IN GRAVIDANZA SONO A RISCHIO?
Non i soggetti in sovrappeso, ma quelli obesi, cioè con un Imc (indice di massa corporea) superiore a 40 (Imc= peso in Kg diviso altezza2 in metri). Negli Usa sono il 30% della popolazione, in Italia il 5% e inoltre di solito soffrono anche di patologie cardiache o metaboliche e quindi appartengono alle categorie a rischio di tutte le influenze, anche stagionali. Quanto ai casi di malattia grave in gravidanza, riportati in Gran Bretagna e i altri paesi, sono pochi e hanno riguardato principalmente donne con preesistenti problemi di salute. La causa del decesso, nei rari casi in cui si è verificato, è stata la polmonite: nell’ultimo trimestre di gravidanza, la dimensione del bambino riduce la capacità respiratoria della madre e la mobilità del diaframma.
COME SI DIFFONDE IL VIRUS?
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QUANDO PREOCCUPARSI?
DA DOVE VIENE IL VIRUS?
Robert B Belshe
Division of infectious diseases and Immunology
Saint Louis University
CHE FARMACI USARE?
I farmaci che riducono la febbre, contenenti paracetamolo sono i più indicati. L’aspirina (acido acetilsalicilico) non va somministrata a bambini e adolescenti per il rischio di una rara, ma grave malattia del sangue, la sindrome di Reye. Gli antibiotici sono anti-batterici, inefficaci contro i virus: servono solo se il medico diagnostica una infezione batterica, come alcune tonsilliti o polmoniti.
E GLI ANTIVIRALI?
Tranne rarissimi casi, questa influenza non richiede l’uso di antivirali. Un recente studio ha dimostrato che questi farmaci hanno scarsi effetti: risparmiano al più un giorno di malattia su 5 o 6, ma hanno effetti collaterali come la nausea, e altri, più rari ma più impegnativi. Secondo il farmacologo Silvio Garattini, direttore dell’Istituto Negri di Milano «Non si fa un grande affare a prenderli». Inoltre l’uso generalizzato degli antivirali favorisce la nascita di ceppi resistenti a questi farmaci che, in assenza del vaccino, sono l’unica arma per i pazienti immunodepressi o con altre gravi patologie. Per loro, e per i pazienti gravi ricoverati, il bilancio fra rischio e beneficio è diverso.
Il vaccino sarebbe molto utile soprattutto per i pazienti a rischio: donne incinte, grandi obesi, pazienti cardiopatici, con malattie respiratorie o dismetaboliche. Ma mentre il vaccino contro l’influenza stagionale arriverà per tempo, quello contro la pandemica e destinato alla popolazione comincerà ad arrivare dopo l’inizio dell’epidemia. Richiede due dosi da somministrare a distanza di 2 settimane. Il vaccino induce lo sviluppo di anticorpi specifici contro il virus. Per gli individui sani il vaccino non è nè necessario nè utile.
VACCINARSI SÌ O NO?
Il 26 agosto il British medical journal titolava “L’opposizione al vaccino contro la suina sembra crescere in tutto il mondo”. A un sondaggio condotto dalla rivista inglese Healthcare Republic il 29% dei 216 medici di famiglia intervistati, che ben conoscono la suina, ha detto che non si faranno vaccinare, un altro 29% che non sono sicuri di farsi vaccinare, e solo il rimanente 37% si farà vaccinare. Il 71% di coloro che non si faranno vaccinare temono che il vaccino non sia sicuro perché non sufficientemente sperimentato. Pareri simili fra i sanitari di Hong Kong: in un articolo appena pubblicato sul British medical Journal solo il 47,9% dei circa 4000 sanitari intervistati si farà vaccinare. Gli altri no per «paura degli effetti collaterali» e «dubbi sull’efficacia del vaccino». E un’analisi del ministero della sanità Israeliano rilevava che almeno il 25% della popolazione non era disposta a farsi vaccinare.
È SPERIMENTATO?
Per un virus non particolarmente aggressivo la vaccinazione sembra affrettata. Bloomberg, il network di informazione economico finanziaria, riferisce che Glaxo per esempio avrebbe programmato una “sperimentazione limitata” per ridurre al massimo i tempi di produzione, e questo secondo Hugh Pennington, microbiologo emerito all’University of Aberdeen in Scozia potrebbe essere un fattore di rischio. Insomma: un conto sono i programmi vaccinali contro malattie mortali come il vaiolo, o vaccini collaudati, testati e dimostrati con anni di sperimentazione. E un conto questo vaccino assemblato in fretta contro un virus che sembra tutt’altro che aggressivo. Nel 1976, una vaccinazione anti-influenzale che coinvolse 45 milioni di americani, produsse anticorpi che attaccarono anche una proteina del sistema nervoso causando la Sindrome di Guillaume Barrè, una malattia neurologica in un migliaio di pazienti e 25 morti. E anche gli esperti temono che si ripresenti: Elizabeth Miller, direttrice del dipartimento immunizzazione del governo inglese, ha inviato a luglio a tutti i neurologi una lettera segreta, chiedendo una maggior sorveglianza per la sindrome di Guillaume Barrè durante la vaccinazione contro l’influenza suina. Anche nel caso del vaccino, insomma, l’utilità è nel bilancio fra rischi e benefici, e potrebbe essere consigliato a chi soffre di asma, diabete, patologie cardiache e renali o con sistema immunitario compromesso.
Insaponare spesso e a lungo (contando lentamente fino a 20) le mani, con acqua calda, e asciugarle.
Non toccare occhi, naso e bocca se non dopo aver lavato le mani.
Evitare i luoghi affollati e riduci il contatto con i soggetti che tossiscono o sternutiscono.
Poiché i sintomi insorgono circa 24 dopo l’infezione e poichè in quelle 24 ore i colpi di tosse o gli sternuti contengono già virus, imparare a tossire e sternutire sempre in modo educato: aprire completamente un fazzoletto di carta pulito, coprire naso e bocca, soffiare, chiudere e gettare nella spazzatura dopo ogni uso: i virus vivono parecchie ore sul fazzoletto. Lavare poi le mani prima di toccare maniglie o superfici: le mani sporche trasferiscono i germi su qualsiasi cosa si tocchi. Lavare spesso anche le maniglie delle porte con normali detersivi di pulizia.
Dopo l’infezione
Stare a casa almeno per 5 giorni dall’inizio dei sintomi, e almeno 24 ore dopo la scomparsa naturale (cioè dopo aver sospeso gli antipiretici) della febbre.
Praticare con particolare cura l’etichetta della tosse e dello sternuto anche nei 10 giorni successivi alla fine dei sintomi perchè alcuni esami (Pcr) hanno individuano il virus nella saliva dei convalescenti fino a 10 giorni dopo la fine della febbre.
Le mascherine invece non servono a meno che siano del tipo N59, usate dai medici in sala operatoria. Ma servono a frenare l’infezione del medico che le indossa al paziente, non a prevenire l’infezione del medico. Inoltre sono estremamente scomode.
Per quanto tempo rimane in incubazione l'influenza A dopo essere stati a contatto con un malato? Quanto resiste il virus?
Incubazione dell’influenza pandemica, cioè il tempo che intercorre tra l’infezione e il manifestarsi dei primi sintomi, varia da 1 a 3 giorni.
Il periodo di contagiosità per chi è infetto: da un giorno prima del comparire dei sintomi a 7 giorni dopo. Per sicurezza si consiglia di far passare almeno 24 senza sintomi e senza farmaci prima di riprendere la vita sociale (scuola, lavoro ecc).
Alcuni esami particolarmente sensibili che moltiplicano le trace del Dna (Pcr), individuano il virus nella saliva dei convalenscenti anche 10 giorni dopo la fine della febbre. Ma dovrebbe mancare la “carica virale”: ciò significa che la quantità di virus dovrebbe essere insufficiente a infettare qualcuno.
Il virus H1N1 sopravvive da 24 a 48 ore sulle superfici rigide di metallo o formica (cioè molto poco: ci sono spore di funghi, come il Clostridium difficile che sopravvivono anche più di 120 giorni); da 8 a 12 ore su superfici porose (stoffa, carta). Ma la capacità infettiva si riduce: può infettare altri solo per 2-8 ore su superficie rigida e per pochi minuti su superfici porose.
Ci sono notizie contrastanti a proposito di alcune morti collegate al vaccino. Che cosa è successo?
Germania, due morti dopo il vaccino, titolava il 13 novembre il sito del Corriere. Nessun allarme, risponde il giorno successivo l’infettivologa dell’Istituto superiore della sanità. Ma come stanno esattamente le cose?
Grazie ai calcoli effettuati dall’epidemiologo Steven Black del Children’s Hospital di Cincinnati Usa e pubblicati sulla rivista di medicina The Lancet, sappiamo che nella popolazione si verificano mediamente 21,5 casi di Guillain Barré e 5,75 casi di morte improvvisa ogni 10 milioni di persone seguite per 6 settimane e che su un milione di donne incinte nell’arco di 24 ore ci sono 397 casi di aborto spontaneo.
Ovviamente questo tipo di incidenza si verifica anche nella popolazione vaccinata e questo non per “colpa” del vaccino: il fatto che questi decessi coincidano con il vaccino non significa quindi che siano causati dal vaccino. A questi casi di base, presenti comunque nella popolazione, si aggiungeranno eventualmente i casi dovuti al vaccino, sempre se si verificheranno.
Accusare il vaccino oggi è, se non altro, prematuro. Nessuno è in grado di calcolare quanti sono i decessi in più, rispetto alla norma, da addebitare al vaccino. Per tirare i conti bisogna attendere la fine della stagione.
Nella campagna vaccinale dell’influenza stagionale del 2006 in Israele si verificarono 4 decessi entro 24 ore dalla vaccinazione e si diffuse il panico; ma a posteriori si vide che la mortalità verificatasi era stata addirittura inferiore a quella che si registra normalmente.
Può colpire anche i cani?
Molto probabilmente no, e questo in base al fatto che a tutt'oggi non sono segnalati al mondo casi di cani con l'influenza pandemica. I cani sono di solito esposti all'infezione di altri ceppi influenzali, come per esempio il virus H3N8. Ma la biologia non è una scienza esatta. Infatti neanche i gatti avrebbero dovuto essere esposti all'infezione con H1N1, e invece un gatto se l'è presa.…
L'influenza A può presentarsi senza febbre ma con stato conufusionale, mal di testa e dolori "intercostali"'. Attualmente nei bambini scolarizzati, ci sono molti malati alcuni con febbre non superiore a 38° e poca tosse, potrebbe essere altra influenza? (su 18 bambini 5 malati!)
Un articolo pubblicato sul New England Journal of Medicine ha studiato i primi 642 casi di influenza pandemica e ha scoperto che il 94% dei pazienti aveva avuto febbre (il 6% no), il 92% aveva avuto tosse (l'8% no) che il 66% aveva avuto mal di gola (il 34% no) e il 25% diarrea (il 75% no). In questa descrizione c'è tutta la variabilità dlel'influenza. Di solito il mal di testa e al mialgia (i dolori articolari diffusi) sono tipici dell'influenza. Inoltre in questo momento non circolano altri virus influenzali, direi che si tratta proprio di influenza pandemica. Che come vede nella maggior parte dei casi è tutt'altro che grave. Comunque una risposta esatta può venire solo da un tampone in gola ai bambini.
Il mio bimbo, a seguito del contagio, è risultato positivo al tampone dell'influenza A, superato il tutto si sarà immunizzato o dovrò ancora temere una nuova ricaduta?
Se il sistema immunitario del suo bambino funziona normalmente, manterrà la memoria di questa infezione per tutta la vita. Questo spiega perché gli anziani, che questa influenza l'hanno già fatta negli anni della gioventù, non si infettano con questo ceppo. Quindi niente ricadute con questo virus, ma possibile l'infezione con un ceppo dell'influenza stagionale che arriverà fra gennaio e marzo.
È vero che i gatti possono prendere l'influenza A? È un pericolo in più?
Questa influenza è in giro da mesi, gli esseri umani che sono stati infettati e sono guariti sono ormai decine di milioni, ma solo il 4 novembre il Jowa department of public health (il ministero della salute dello stato americano dello Iowa), ha segnalato il primo caso al mondo di gatto risultato infetto (vedi). Responsabili dell’infezione del povero animale i suoi padroni: 2 su 3 hanno contratto l’influenza...
Dunque, gli esseri umani sono un pericolo in più per i gatti, non il contrario.
Sono invece tenuti sotto controllo dall’Oms gli allevamenti di maiali e di tacchini, ma i casi di infezione sono pochissimi.
Il virus è diventato più cattivo?
Non è vero. Lo scrive l’Oms il nella breefing note 15 del 5 novembre (vedi).
Scrive «To date, extensive testing by laboratories in the WHO influenza surveillance network has detected no signs that the H1N1 pandemic virus has mutated to a more virulent form» cioè «A tutt’oggi una capillare attività di test gestita dai laboratori dalla rete di sorveglianza dell’Oms non ha individuato mutazioni nel virus pandemico che lo rendano più virulento».
Cos'è il "thimerosal"? Probabilmente un componente del nuovo vaccino contro la influenza suina? Ci sono delle notizie mediche certe a parte quelle riscontrate in rete?
Il tiomersale (sodio etilmercurio-tiosalicilato o mercurio tiolato di sodio o mertiolato) è un conservante di mercurio organico usato da oltre 60 anni come agente antimicrobico sia nei vaccini sia nei prodotti farmaceutici per impedire la crescita di batteri o funghi nella fase di lavorazione. È presente in molti vaccini DTP (difterite, tetano e pertosse), del tetano, dell’epatite B e dell’Hib (Hoemophilus influenzae b) ma non nei vaccini che contengono virus o batteri vivi (vedi). È stato messo sotto accusa per i rischi potenziali dei feti se le madri venivano vaccinate in gravidanza. Di solito non è contenuto nei vaccini monodose, ma solo in quelli multidose per preservarli da contaminazioni fra una somministrazione e l’altra. L’associazione tra tiomersale e autismo non è mai stata ad oggi provata. Per saperne di più, vedi.
Alcuni vaccini pandemici (A/H1N1) come per esempio il Pandemrix (vedi), contengono il tiomersale come conservante.
Perché si parla così tanto dei morti provocati dall'influenza?
L’influenza suina fa “notizia”: gli ospedali la usano per far parlare di sé e comunicano i ricoveri ai giornali; i produttori di antivirali e vaccini la usano per vendere, tanto da organizzare conferenze stampa dando numeri terroristici ai giornalisti che li riportano a volte senza verificarli; la usano i giornalisti che ogni giorno devono “trovare” una notizia e questa, finchè i lettori sono spaventati, fa vendere; la usa il ministro del welfare Maurizio Sacconi, che ha previsto una spesa di 400 milioni di euro per acquistare vaccini e la cui moglie, Enrica Giorgetti, è Direttore Generale di Farmindustria, cioè la confindustria del farmaco, che rappresenta politicamente tutte le aziende farmaceutiche italiane (circa 200 aziende nazionali e a capitale estero). Il sospetto di conflitto di interessi non è nostro, ma di una delle riviste scientifiche più prestigiose al mondo, Nature. (Vedi Nature 7 agosto 2008, pag 667). Insomma, per vendere, la paura è da sempre la migliore pubblicità.
Perché non si dice che la "nuova" influenza ha la stessa mortalità o mortalità inferiore rispetto all'influenza stagionale?
Dalle statistiche sappiamo che nella sola Italia i morti dell’influenza stagionale siano circa 4000 ogni anno. Sono decessi legati alle conseguenze dell’influenza: per l’anziano, il malato cronico, l’immunodepresso per terapie antitumorali, il trapiantato di fresco, il bambino prematuro. Per tutti coloro che già sopravvivono a stento in precario equilibrio, l’influenza può essere il colpo di grazia scompensandoli. Non se ne parla perché, appunto, sono decessi in qualche modo attesi. Se ne parla solo all’inizio della stagione influenzale, quando le aziende farmaceutiche convocano conferenze stampa per parlare del vaccino, o invitano i ricercatori che si prestano ad essere i loro “portavoce” a diffondere la paura per vendere anche alle persone che non sono a rischio.
Per quel che si sa sui casi finora registrati in tutto il mondo, questa è una influenza meno “mortale” di quella stagionale e che gli anziani, prima categoria a rischio, sono quasi tutti almeno parzialmente immunizzati contro questo virus.
L'influenza A non è particolarmente aggressiva, ma non si conoscono le reazioni del corpo se dovesse sussistere contemporaneamente nella persona sia l'influenza stagionale che quella di tipo A. Che cosa mi sapete dire in proposito?
In effetti non sono stati ancora descritti casi di coinfezione dei due virus. Recentemente è stato segnalato il caso di una coinfezione di influenza aviaria (H5N1) e influenza suina (H1N1), che si è però rivelata come coinfezione fra H3N1 (ceppo stagionale) e H1N1 (ceppo “suino”) (vedi), ma non si è saputo come è finita, quindi probabilmente è finita bene. I medici di solito non si sblianciano e vanno sul sicuro. Possiamo aggiungere solo che in uno studio di coinfezione con i due virus in animali di laboratorio (vedi), i sintomi sono un po’ più gravi, ma gli animali sono animali e l’uomo...
Influenza e bambini. Ho un bimbo di 2 anni che non ha nessuna patologia a rischio, è sano.
In questo periodo ha del catarro che stacca ogni tanto con dei colpi di tosse grassa
Visto che ho sentito che l'influenza A evolve subito in polmonite è un rischio che il bimbo sia già un po' intasato?
I bambini sono i più colpiti da questo virus perché sono gli unici che non lo conoscono per niente. Questo virus ha girato nella popolazione in modo continuo sicuramente fino al 1977, quindi i nati prima sono già immunizzati, quelli nati dopo non ancora. In questa stagione tutti i bimbi hanno il catarro e se questo fosse un motivo di pericolo la mortalità sarebbe alta. Invece nonostante le classi siano vuote, la mortalità continua ad essere molto inferiore a quella dell’influenza stagionale, anche se la malainformazione continua a enfatizzare i pochi decessi che si verificano. Le complicazioni non sono date dal catarro nelle vie aeree superiori, ma dall’infezione che in alcuni casi (non sappiamo perché e non sappiamo quali, ma sappiamo che sono pochissimi casi) scende nei polmoni. A questo punto il genitore deve accorgerse: la respirazione del bimbo si fa difficile (vedi i sintomi) e deve tempestivamente chiamare il pediatra di famiglia spiegando appunto che la respirazione si sta facendo difficile. A questo punto il pediatra organizza il ricovero nel reparto adatto, in cui ci sia la possibilità, se la situazione dovesse peggiorare, di ventilare il bambino per qualche ora, e di seguirlo in modo intensivo fino a farlo uscire dalla fase di pericolo.
Da alcuni giorni gira in rete un documento allarmistico sulla presenza nei vaccini contro l’influenza A, dello squalene, una sostanza molto tossica. Che cosa c’è di vero?
Si tratta di una leggenda metropolitana che fa leva sulla paura. Non c’è nulla di cui preoccuparsi.
Lo squalene è una sostanza naturale che si trova in piante, animali e anche nell’uomo (viene prodotto dal fegato e circola nel sangue). Viene utilizzata fin dal 1997 come adiuvante nei vaccini per potenziare la risposta immunitaria. La quantità di squalene contenuta in ogni dose è molto piccola, circa 10 mg, e non ha mai dato origine a reazioni avverse documentate scientificamente.
Da dove nascono allora la paura e le voci sui rischi della sua presenza nel vaccino? Alcuni ricercatori hanno collegato lo squalene alla cosiddetta sindrome del golfo (un insieme di sintomi diversi e inspiegabili accusati da numerosi soldati americani che nel 1991 parteciparono alla missione contro l’Iraq, vedi). Secondo questi scienziati, lo squalene era presente nei vaccini contro l’antrace somministrata ai soldati.
A posteriori si è però scoperto che lo squalene non era presente in quei vaccini (vedi). Inoltre, si è anche appurato che nessun soldato con la sindrome ha mai sviluppato anticorpi contro lo squalene. Si tratta dunque di una bufala.