La dieta più efficace è... quella che riusciamo a seguire: è questa la sintesi di uno studio scientifico che ha confrontato i risultati di due piani alimentari ben distinti, il sempre più popolare digiuno intermittente e una classica dieta basata sulla restrizione calorica.
Si perde peso più facilmente limitando il numero di ore in cui è possibile mangiare, o riducendo la quantità di cibo ingerita? La risposta è semplice: in entrambi i modi, a patto di essere motivati a seguire il percorso iniziato, meglio ancora se assistiti da professionisti.
Meno tempo per mangiare = meno cibo. Krista Varady, Professoressa di Nutrizione dell'Università dell'Illinois a Chicago, ha confrontato per un anno un tipo di digiuno intermittente che prevede ogni giorno un'astensione dal cibo di 16 ore e un periodo di alimentazione regolare nelle restanti 8 (time-restricted feeding, alimentazione ristretta in un arco temporale) con una dieta basata semplicemente sul conteggio delle calorie assunte.
I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista scientifica Annals of Internal Medicine, suggeriscono che il digiuno intermittente funzioni semplicemente perché fa mangiare di meno - ossia per lo stesso identico motivo degli altri tipi di diete.
Tre stili a confronto. Gli scienziati hanno reclutato 90 adulti affetti da obesità dai 18 ai 65 anni di età, e li hanno assegnati in modo casuale a uno di questi tre gruppi: un gruppo destinato al digiuno intermittente, che per sei mesi ha potuto consumare pasti e snack esclusivamente in una fascia di otto ore, dalle 12.00 alle 20:00; un gruppo che ha seguito un piano alimentare di restrizione calorica, con un apporto di calorie inferiore del 25% rispetto a quello che sarebbe stato necessario per mantenere il peso attuale; e un terzo gruppo che ha continuato a mangiare allo stesso modo di prima. Ogni partecipante ha dovuto compilare un diario alimentare giornaliero per tre mesi.
Risultati soddisfacenti. Nei primi sei mesi di esperimento, tutti i partecipanti assegnati a una delle due diete hanno perso circa il 5% del loro peso iniziale. Nei sei mesi successivi è cominciata la fase di mantenimento: il gruppo reduce dal digiuno intermittente ha potuto allungare a 10 ore la finestra utile per mangiare, mentre quello uscente dalla restrizione calorica ha potuto consumare la totalità delle calorie ritenute da un dietologo adeguate al fabbisogno giornaliero di ciascuno.
Dopo un anno, al termine dello studio, i volontari uscenti da ciascuno dei due piani alimentari consumavano ormai 400 calorie giornaliere in meno rispetto al gruppo di controllo, e avevano perso in media cinque kg in più.
è il tempo a decidere. Il nuovo lavoro conferma i risultati di studi precedenti sul digiuno intermittente, ma ha il merito di farlo su un gruppo di partecipanti con un background etnico più vario: il 79% delle persone coinvolte era infatti di origine afroamericana o ispanica. Secondo Varady, il motivo per cui molte persone si trovano meglio con il digiuno intermittente, è che «è una buona alternativa per non dover monitorare attentamente ogni cosa che si mangia: semplicemente si guarda l'orologio e si lascia che il tempo faccia la stessa cosa al posto nostro».
Esiti molto simili. In effetti la quantità di calorie assunte è stata simile in entrambe le diete, a prescindere dai diversi approcci. Entrambi i piani hanno ridotto la circonferenza addominale e la massa grassa in modo simile, e il digiuno intermittente non è risultato migliore neanche in termini di salute - per esempio non ha ridotto maggiormente i livelli di glucosio nel sangue o di colesterolo.
Una delle ragioni potrebbe essere la finestra oraria scelta (12.00-20:00), la più accettabile per i partecipanti: sembra infatti che anticipando di qualche ora la fase della giornata in cui è possibile mangiare (per esempio dalle 8:00 alle 16:00) si possano raggiungere traguardi più evidenti in termini di regolazione degli zuccheri nel sangue. Ma così non sarebbe stato per esempio possibile cenare con il resto della famiglia.
Non sei solo: ce la puoi fare! Un'altra ragione del successo di entrambe le diete sembra essere stato il supporto psicologico e nutrizionale garantito ai partecipanti per l'intero anno di studio. I volontari hanno infatti ricevuto consigli alimentari e terapia cognitivo-comportamentale utili a ridurre il desiderio di mangiare in modo impulsivo. Anche questo potrebbe aver contribuito a raggiungere benefici e a mantenerli nel tempo.