Spesso la diagnosi delle malattie rare o di casi strani e inconsueti è un percorso a ostacoli lungo e faticoso per i medici, oltre che penoso per i pazienti.
In cucina e in ospedale. A partire da dicembre, al Centro per le malattie non diagnosticate e rare (ZusE, a Marburg, in Germania), il computer Watson (Ibm) verrà utilizzato nel tentativo di accelerare il riconoscimento e le diagnosi di situazioni difficili.
Watson, chiamato così dal nome del fondatore di Ibm, Thomas J. Watson, è un sistema per il cognitive computing: elabora grandi quantità di dati e in un certo qual modo impara dall’esperienza. È famoso e noto al grande pubblico dal 2011 per avere battuto un concorrente umano nel quiz televisivo Jeopardy e, più di recente, i suoi sviluppatori lo hanno fatto cimentare in cucina per mostrare che può essere capace di creatività: nello specifico, un’interpretazione (culinaria) inedita a partire da informazioni note, come una nuova ricetta, per esempio. O, per tornare alle malattie rare, come una diagnosi medica.
Sputa la sentenza! Il centro di Marburg ha una lista d’attesa di seimila pazienti, ciascuno con la documentazione clinica raccolta in mesi o anni. Due medici dell’ospedale, Jürgen Schäfer e Tobias Müller, hanno lavorato in collaborazione con gli ingegneri di Ibm per vedere se il sistema di intelligenza artificiale potesse essere d’aiuto.
I dati clinici di 500 pazienti (con diagnosi certa) sono stati prima tradotti in un formato comprensibile a Watson, poi ne sono stati selezionati in modo casuale un paio di dozzine e si è aspettata la diagnosi del computer, che l'ha elaborata confrontando i dati forniti con quelli nei database e nella letteratura medica. In tutti i casi esaminati, Watson ha fornito in pochi secondi una lista di cause per i sintomi e informazioni sui pazienti che gli erano stata fornite, in ordine di probabilità: in cima alla lista è sempre risultata la diagnosi che anche i medici avevano già fatto.
Al lavoro. Ora il computer verrà messo alla prova su casi nuovi, come assistente dei medici nelle diagnosi. I pazienti dovranno riempire un lungo e dettagliato questionario, dalle abitudini dell’infanzia all’ambiente in cui vivono fino ai sintomi più recenti, e Watson proverà a dipanare la matassa per capire che cosa c’è che non va.