Salute

Diagnosi di covid: in futuro basterà un test del respiro?

L'aria espirata che contribuisce a diffondere la covid potrebbe un giorno servire a individuare rapidamente i segnali specifici della malattia.

Le stesse goccioline di fiato che cerchiamo di schermare con la mascherina potrebbero essere sfruttate per diagnosticare in modo non invasivo l'infezione da covid: è l'idea di alcuni gruppi di ricerca statunitensi, che stanno lavorando a test del respiro capaci di riconoscere i segni caratteristici del contagio in una manciata di secondi. I breath test oggi più noti sono quelli utilizzati per gli etilometri portatili della polizia stradale, ma il respiro non trattiene soltanto le tracce di alcol. Questo tipo di screening è sfruttato anche nelle diagnosi cliniche, come indicatore di allergie e intolleranze, diabete, malattie respiratorie e persino di certi tipi di cancro.

La firma gassosa dell'infezione. Come racconta un articolo su Wired.com, un gruppo di scienziati dell'Ohio State University è convinto che una versione adattata di test del respiro potrebbe riconoscere anche i casi di covid, in 15 secondi e senza bisogno di reagenti e analisi di laboratorio, rispetto alla più lenta (ma più affidabile) tecnologia di reazione a catena della polimerasi (PCR, per approfondire) che usiamo per i tamponi. Il team che nel 2017 aveva inventato un breath test per la diagnosi precoce dell'influenza, capace di riconoscere la presenza di isoprene (un composto organico) nel respiro, si è basato su analoghi presupposti per sviluppare un prototipo di test del respiro per la CoViD-19.

Il dispositivo usa sensori in ceramica per riconoscere i composti organici volatili caratteristici della malattia nel fiato esalato. Quali siano questi composti non è specificato - il lavoro non è ancora stato pubblicato - ma il team ha studiato quelli tipici di altre infezioni da coronavirus, e incorporato, nei sensori, nanomateriali che reagiscano a queste sostanze. Le sperimentazioni cliniche su pazienti con e senza covid sono cominciate soltanto la scorsa estate e ora il team punta a un'approvazione di emergenza del dispositivo da parte della Food and Drug Administration americana per allargare il numero di partecipanti.

A caccia del virus. Un gruppo di ingegneri della Northeastern University (Boston) sta invece lavorando a un test del respiro capace di individuare direttamente le particelle virali nell'aria espirata, grazie a sensori elettrochimici che riconoscono forma e dimensione della proteina "spike" del SARS-CoV-2, come fossero tante piccole serrature per quella chiave soltanto. Si soffia in un tubicino e se il risultato è positivo sul test appare una luce rossa: i casi di falsi positivi sarebbero rari perché i sensori sono "altamente specifici" per il nuovo coronavirus.

Il prototipo è stato testato in laboratorio su campioni di SARS-CoV-2 congelati e inattivati; si attende l'approvazione per passare a test sui pazienti e confrontare i risultati ottenuti con quelli dei "classici" tamponi nasali.

Pro e contro. Questa nuova generazione di test ha il vantaggio di fornire risultati immediati e di non richiedere una preparazione specifica: chiunque li può usare, e si potrebbero così aumentare le diagnosi rapide negli aeroporti e nelle stazioni, nelle scuole, nei luoghi di cultura, offrendo oltretutto un trattamento meno intrusivo rispetto agli attuali tamponi. Difficile però immaginare che li soppiantino del tutto: l'aria che esaliamo contiene anche moltissime informazioni sull'ambiente in cui viviamo e che respiriamo, elementi che potrebbero confondere la delicata operazione della diagnosi. Piuttosto, in futuro, potremo contare su diversi tipi di test da sfruttare in diverse situazioni.

18 settembre 2020 Elisabetta Intini
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