Due settimane fa la notizia di una nuova variante di SARS-CoV-2, il coronavirus che causa la covid, aveva messo sull'attenti l'intero mondo scientifico (e non): il 7 gennaio Leondios Kostrikis, virologo all'Università di Cipro, annuncia a una tv locale greca di aver sequenziato insieme al suo team diversi genomi del coronavirus che presentano elementi delle varianti Omicron e Delta. La nuova variante viene da loro battezzata Deltacron.
Reazione immediata. Nel giro di qualche giorno i ricercatori di Cipro caricano su GISAID, il database di sequenze virali più popolare al mondo, un totale di 52 sequenze genomiche di Deltacron. L'8 gennaio la popolare agenzia di stampa Bloomberg riprende la notizia, che si diffonde così in tutto il mondo. In pochi giorni arriva però la risposta da altri scienziati: Deltacron non esiste (come scrive in modo chiaro e quasi scocciato Krutika Koppalli dell'OMS, in un tweet che riportiamo qui sotto), ma è probabilmente frutto di una contaminazione avvenuta in laboratorio tra le due varianti Delta e Omicron.
Dietrofront. Travolto da dubbi e critiche Kostrikis fa dietrofront, eliminando dopo appena tre giorni le 52 sequenze genomiche caricate su GISAID, e dichiarando di essere stato frainteso e di non aver mai detto che il genoma scoperto fosse un ibrido tra Delta e Omicron: il termine Deltacron, insomma, avrebbe solo contribuito a creare confusione. In un'email inviata a Nature spiega che la sua ipotesi iniziale era che alcune particelle virali di Delta avessero sviluppato delle mutazioni indipendenti nella proteina spike, simili a quelle di Omicron.
Quali fossero gli intenti comunicativi di Kostrikis non lo sappiamo, ma il virologo si è quantomeno spiegato male: a Sigma TV, l'emittente locale che ha raccolto l'annuncio della scoperta, ha detto infatti che il nome Deltacron era stato dato perché "aveva a che fare con i ceppi Delta e Omicron", frase che si presta effettivamente a diverse (mal)interpretazioni.
Solo mutazioni. Anche se non si trattasse di una contaminazione di laboratorio, sottolineano gli esperti, le mutazioni identificate in "deltacron" si trovano anche in altre varianti, e non indicano la nascita di una nuova variante: «GISAID è pieno di sequenze che hanno elementi in comune con sequenze di altre varianti», sottolinea Thomas Peacock, dell'Imperial College London: «generalmente, però, non è necessario parlarne perché la notizia non viene ripresa dai media di tutto il mondo».
La fretta è una cattiva consigliera. È proprio questo il punto: il primo errore è stato di Kostrikis, che prima di avere la certezza della scoperta si è presentato in tv e ha rilasciato delle dichiarazioni importanti.
Il secondo errore è stato dei media, che hanno ripreso la notizia della "nuova variante", più o meno consapevolmente, senza che esistesse ancora uno studio pubblicato e rivisto a supporto della scoperta, o un'opinione condivisa tra scienziati. Insomma, il caso deltacron è l'esempio perfetto di come una notizia non verificata e potenzialmente falsa corra veloce tra social, giornali e tv – e di come, prima di parlare, si debba essere molto sicuri di ciò che si dice (in tutti i campi).