Sono 111 in Italia (22 solo in Lombardia) e circa 5.000 nel mondo le piattaforme chirurgiche da Vinci, in molti ambiti considerate oggi più efficaci e sicure della chirurgia tradizionale - per esempio prostatectomia, urologia e ginecologia, trapianti, oncologia, chirurgia generale complessa - per la precisione che il sistema consente, il basso impatto sul paziente (chirurgia mininvasiva) e la riduzione dei tempi di ripresa post operatoria.
Nel 2018, in Italia sono stati eseguiti 20.450 interventi con il sistema chirurgico da Vinci: un dato che indica crescente fiducia nel sistema. Per esplorare proprio gli aspetti di conoscenza di questa tecnologia, in altre parole "l'atteggiamento e la predisposizione rispetto all'innovazione in sala operatoria", ab medica (che distribuisce in Italia la piattaforma da Vinci ed eroga formazione e l'assistenza) ha commissionato all'Istituto IPSOS un ampio sondaggio - condotto su 700 cittadini lombardi tra i 25 e i 75 anni: un campione casuale, rappresentativo per genere, età, titolo di studio, condizione lavorativa e zona di residenza. Il lavoro è stato presentato il 16 maggio scorso.
Il 74% degli intervistati ha espresso una sostanziale "fiducia" nella chirurgia robotica, e il dato trova conferma nel 61% di chi ritiene che questo tipo di tecnologia possa portare dei vantaggi rispetto alla chirurgia tradizionale.


Non molti hanno avuto esperienza di un intervento in chirurgia robotica (8%), ma tra questi il 93% ne ha dato un giudizio positivo. Il 30% degli intervistati si dice certo di poter accettare un intervento di chirurgia robotica, mentre il 63% si dice disponibile in funzione del tipo di intervento. Nel complesso, dall'indagine risulta che il "paziente-tipo" più confidente nella chirurgia da Vinci è "uomo, tra i 55 e i 75 anni, con un buon livello culturale e disponibilità economica".
La questione della formazione del chirurgo e del personale di sala all'uso dei sistemi robotici è un altro tema importante: il 76% degli intervistati riconosce che il medico deve acquisire competenze molto elevate per manovrare il robot.
Su questo versante lavorano ab medica, con piani di formazione continua e assistenza da remoto, e i responsabili dei reparti dov'è installato il da Vinci: «Per chi, come me, opera in urologia, la chirurgia robotica rappresenta ormai un gold standard imprescindibile: credo fermamente che il futuro sarà robotico, ragion per cui ho messo a disposizione le mie competenze e il mio know-how, in quanto membro della EAU- European Association of Urology, per stilare nuovi protocolli robotici destinati alle prossime leve della chirurgia», afferma Francesco Montorsi, direttore dell'Unità Operativa di Urologia Ospedale San Raffaele.
Giorgio Guazzoni (responsabile di Unità Operativa Urologia e Andrologia Ospedale Humanitas Rozzano), ha istituito nel 2011 il primo Master italiano in urologia robotica.
Andrea Pietrabissa (direttore Struttura Complessa di Chirurgia Generale Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo) afferma che la chirurgia robotica è «una scommessa che abbiamo accolto nel 1999 e che risulta vincente ancora oggi: ogni giorno sosteniamo questa scelta formando instancabilmente i chirurghi di domani, offrendo loro competenze e know-how all'avanguardia e innovativi».