Salute

CRISPR e anti-CRISPR: come i virus si alleano contro i batteri

Molto prima di essere uno strumento di ricerca medica, la CRISPR è lo scudo che i batteri mettono in campo per difendersi dai virus: una guerra senza esclusione di colpi che ci racconta come si diffondono le infezioni.

L'unione fa la forza, anche nel regno del microscopico. I batteriofagi, una nutrita classe di virus parassiti che non prende di mira l'uomo ma i batteri, sfruttati come mezzi per la propria replicazione, non potrebbero sopravvivere senza un ben orchestrato lavoro di squadra.

Due nuovi e interessanti studi si concentrano sulle tattiche di cooperazione che questi virus mettono in campo per fare fronte comune contro l'arma di difesa messa in campo dai batteri sotto attacco: la CRISPR - proprio così, la stessa tecnica che in alcuni campi sfruttiamo per correggere piccole porzioni di DNA. Questa guerra senza esclusione di colpi è ben descritta in un articolo su Atlantic.

Mi ricorderò di te. I virus batteriofagi (o fagi) funzionano come siringhe in miniatura: una volta atterrati su un batterio, vi iniettano il proprio materiale genetico per iniziare la replicazione. Ma il batterio conserva parte dei geni dell'invasore in una "cartella" che sfrutta per creare enzimi-forbici con i quali successivamente, in caso di nuovi attacchi, "farà a fette" gli intrusi. Questo bisturi molecolare - la CRISPR, appunto - è alla base delle tecniche di editing genetico che già usiamo in agricoltura (per accelerare la "selezione artificiale" sulle coltivazioni) e che un giorno potremmo usare per contrastare malattie genetiche o eradicare vettori di parassiti. Tuttavia, anche in natura, non sempre è efficace.

Resistenza agli antibiotici: la carta dei virus Ogm. © Shutterstock

Un antidoto a lenta attivazione. Nel 2012 alcuni microbiologi si accorsero che non tutti i virus batteriofagi venivano fermati dalla CRISPR messa in atto dai batteri. Alcuni sopravvivevano grazie a proteine capaci di attaccarsi alle forbici molecolari, e di "smussarle". Una sorta di anti-CRISPR, quindi, che però, per una banale questione di tempi, può funzionare soltanto se il virus non attacca da solo, ma fa parte di un gruppo ben organizzato.

Quando il fago attacca, il batterio che ha già immagazzinato i suoi geni in incursioni precedenti è già preparato a respingerlo (per via di quel "file" citato poco sopra). Per preparare l'anti-CRISPR, però, al virus serve tempo: i geni che il fago inietta nell'ospite servono come base per mettere a punto un antidoto che non è pronto subito. C'è dunque la concreta possibilità che il batteriofago venga neutralizzato prima che la contromisura possa funzionare.

Kamikaze. Ecco perché la cooperazione si rende necessaria. Il primo fago che attacca, quasi sicuramente sarà distrutto prima che l'anti-CRISPR faccia effetto.

Se però si susseguono più attacchi in sequenza, la CRISPR del batterio progressivamente si indebolirà - con un meccanismo opposto a quello che avviene in molti altri sistemi, in cui l'esposizione al patogeno rafforza le difese immunitarie dell'organismo assediato.

Due recenti studi indipendenti, dell'Università della California a San Francisco e dell'Università di Exeter (Regno Unito), hanno dimostrato che anche i più lenti e svantaggiati batteriofagi possono superare il fatto che l'anti-CRISPR sia imperfetta e li lasci "scoperti" davanti ai virus, a patto che siano in molti. Se anche i primi vengono distrutti, in ultima battuta il batterio sarà sconfitto. Questo comportamento è assimilabile a una forma non deliberata di altruismo: la prima missione dei fagi è, di fatto, suicida, ma va a beneficio di altri organismi geneticamente affini.

Editing genetico: solo in seconda battuta è uno strumento sfruttato dall'uomo. © Shutterstock

Domande aperte (e utili). I due studi citati sono però tutt'altro che conclusivi. Per quanto tempo il batterio "domato" rimarrà vulnerabile? In questo lasso di tempo, altri fagi di diverse popolazioni ne possono approfittare? E quanto è efficace, la CRISPR, in natura? La risposta sembrerebbe legata, a questo punto, alla quantità di fagi che costantemente attaccano i batteri nei vari habitat analizzati.

Queste considerazioni difficilmente avranno ricadute sulla tecnica CRISPR usata in medicina, ma potrebbero averne sulle terapie che sfruttano i batteriofagi per curare le infezioni batteriche nell'uomo - studi che stanno godendo di una rinnovata fortuna, complice l'antibiotico-resistenza. Le scoperte potrebbero servire a calibrare il giusto numero di fagi per curare le diverse infezioni (ora lo sappiamo: se in pochi, potrebbero fallire).

I meccanismi della battaglia tra fagi e batteri potrebbero spiegare anche perché certe infezioni virali nell'uomo siano più rapide di altre: i virus che attaccano il nostro organismo utilizzano spesso tecniche simili all'anti-CRISPR per difendersi dal sistema immunitario.

25 luglio 2018 Elisabetta Intini
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