Roma, 8 lug. (AdnKronos Salute) - Un team di scienziati della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (Sissa) di Trieste ha creato una molecola 'intelligente', che stimola i geni solo quando è necessario. Alcune malattie genetiche sorgono dall’attività deficitaria di alcuni geni, ecco che un enzima che amplifichi la trascrizione genica potrebbe essere una valida terapia in questi casi, a patto di non stimolare i geni a lavorare anche nelle parti sbagliate dell’organismo. Gli scienziati della Sissa, partendo da queste basi, hanno creato degli enzimi sintetici 'intelligenti', che distinguono i geni attivi da quelli spenti. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista 'Nucleic Acid Research'.
"Abbiamo creato un enzima che è capace di 'vedere' la differenza e agire solo dove è opportuno - spiegano Antonello Mallamaci, professore della Sissa Trieste, che ha coordinato lo studio e Cristina Fimiani, studentessa della Sissa e prima autrice dell’articolo - Sono è bene sottolineare enzimi sintetici ibridi perché, a differenza di quelli biologici classici, che sono fatti quasi interamente da proteine, questi hanno una componente proteica, ma riconoscono il gene bersaglio tramite un'esca di Rna".
Ogni cellula dell’organismo (gameti esclusi) contiene tutto il Dna dell’individuo a cui appartiene. Eppure, per esempio, un neurone del cervello è completamente diverso da una cellula epatica: svolge funzioni specifiche e sintetizza proteine completamente differenti. Questo è possibile perché nel Dna di ciascuna cellula parte dei geni sono 'accesi' e parte 'spenti', nel modo richiesto dalla specifico tessuto di appartenenza. Questo - osservano gli scienziati - significa che quando vogliamo stimolare i geni a lavorare di più, per esempio per combattere una malattia di origine genetica, dobbiamo farlo solo nel tessuto giusto, e non in tutto l’organismo (perché altrimenti potremmo provocare danni anche più gravi), cosa tutt’altro che semplice.
"Anche se esiste un esempio precedente di enzima sintetico a Rna sviluppato da altri laboratori, i nostri sono i primi a esserlo in maniera completa - puntualizza Mallamaci - anche se la loro caratteristica più importante è forse un’altra". Questi enzimi infatti non stimolano la trascrizione genica in maniera drammatica, ma lo fanno in misura comparabile ai regolatori endogeni . "Sembra uno svantaggio, ma invece è la loro forza - commenta Fimiani - La loro azione infatti avviene nell’intervallo fisiologico naturale: amplificano il processo in modo limitato, e lo fanno solo se il gene è acceso". In questo modo la produzione - aggiuntiva - della proteina può avvenire solo nel tessuto in cui il gene è attivo, anche se l’enzima viene somministrato all’intero organismo.
"Per questo motivo i nostri enzimi sono degli ottimi candidati per il trattamento delle aplo-insufficienze - spiega Mallamaci. Nella stragrande maggioranza dei casi, un organismo sano possiede due copie di ciascun gene. Gli individui affetti da aplo-insufficienze però nascono con una sola copia. Questo può provocare una produzione deficitaria di una data proteina e questa condizione è alla base di alcune sindromi e malattie neurologiche molto insidiose". "Se riuscissimo a stimolare il gene rimanente a lavorare di più - conclude Fimiani - potremo in alcuni casi ridurre i sintomi della malattia".