Lo abbiamo imparato a nostre spese: la variante B.1.1.7 di coronavirus (meglio conosciuta come "variante inglese", dal nome del Paese che l'ha individuata per primo) si trasmette più facilmente rispetto alle precedenti. Ma questa facilità di contagio non si deve a una maggiore capacità del virus di sopravvivere nell'aria: fortunatamente, la variante inglese di SARS-CoV-2 ha una resistenza al chiuso e all'aperto paragonabile a quella del primo ceppo isolato a Wuhan.
Il tempo è nostro alleato. Un gruppo di scienziati del National Biodefense Analysis and Countermeasures Center (USA) ha testato la capacità di sopravvivenza delle varianti di SARS-CoV-2 in aerosol artificiali creati in laboratorio, che imitano quelli emessi dalle vie respiratorie profonde dell'uomo. In questo modo è stato possibile studiare la resistenza del virus in condizioni controllate di temperatura, luce e umidità.
Proprio come il ceppo originario di Wuhan, il coronavirus nella variante inglese ha perso il 90% della propria infettività dopo 6,2 ore in un ambiente buio. In condizioni che simulavano una giornata di sole, invece, il 90% della carica infettiva è stata dissipata in 11 minuti per entrambe le varianti. Un'ottima notizia: significa che dopo alcuni minuti al sole e all'aria aperta il virus viene quasi completamente depotenziato.
Performance simili. La tendenza è stata confermata dall'analisi di altre due varianti, una recante una mutazione collegata a una maggiore trasmissibilità presente anche nella variante inglese, e un'altra avente una mutazione legata a una maggiore capacità di infettare le cellule umane. Entrambe queste versioni del virus hanno una resistenza all'aria paragonabile alla B.1.1.7 e al virus di Wuhan, anche se perdono gran parte dell'infettività dopo 7-8 minuti di esposizione solare - una piccola ma significativa differenza con le precedenti.
Varianti di successo. A cosa si deve allora, la diffusione a macchia d'olio della variante inglese e delle altre forme più facilmente trasmissibili di coronavirus? Non a una maggiore permanenza del virus nell'aria ma a due possibili altre ragioni: o a una maggiore quantità virale nelle vie aeree, che fa sì che i contagiati diffondano maggiori concentrazioni di virus, oppure a una migliore capacità di infettare le cellule, che fa sì che bastino meno particelle virali (cioè una minore dose virale) per stabilire un'infezione nell'organismo contagiato. Distanziamento e mascherine dovrebbero proteggerci efficacemente in attesa della vaccinazione.