Salute

La variante brasiliana P.1 vista da vicino

Nuovi studi sulla maggiore capacità di diffusione della variante brasiliana di coronavirus P.1, che ha conquistato - due volte - la città di Manaus.

Una variante di coronavirus che si è diffusa in sordina all'inizio dell'inverno 2020 sta suscitando timori sempre più concreti per la maggiore capacità di contagio e l'abilità di sfuggire alle difese immunitarie: la cosiddetta variante brasiliana, o P.1, ha messo due volte in ginocchio la città di Manaus, in Amazzonia, ma si sta propagando anche nel resto del Brasile ed è già stata individuata in altri Paesi (inclusa l'Italia).
 
Ora alcune analisi in attesa di pubblicazione fanno luce sulla storia questa versione di SARS-CoV-2, sulle caratteristiche che ne hanno favorito la diffusione, sulla facilità con cui circola e sulla sua maggiore resistenza agli anticorpi.

Immunità mancata. Nuno Faria, virologo dell'Imperial College London, ha seguito con i colleghi l'andamento della pandemia a Manaus dalla scorsa primavera. In questa città di due milioni di abitanti alle porte dell'Amazzonia il virus è arrivato come uno tsunami, infierendo su un sistema sanitario già precario. Dopo il picco di casi dello scorso aprile, si pensava che almeno qui si fosse raggiunta l'immunità di gregge: quando Faria ha ricercato gli anticorpi al SARS-CoV-2 nel sangue donato a Manaus tra luglio e ottobre 2020, li ha trovati in tre quarti dei campioni.

Ma a novembre 2020 i casi sono tornati a salire: i 513 posti di terapia intensiva della città si sono presto saturati, sono finite le scorte di ossigeno e il virus è tornato come se dovesse colpire una popolazione totalmente vergine. Nel Regno Unito erano i giorni della diffusione della variante inglese B.1.1.7, così Faria ha sequenziato alcuni campioni virali, trovando una variante nuova, mai descritta altrove: appunto, la variante brasiliana P.1. All'inizio di gennaio, questa versione di coronavirus costituiva l'87% dei campioni sequenziati a Manaus. A febbraio, la loro totalità.

Di nuovo contagiati. Nel nuovo lavoro, combinando dati sui genomi virali, sugli anticorpi e sui dati dei pazienti di Manaus, il team guidato da Faria ha concluso che la variante brasiliana è tra le 1,4 e le 2,2 volte più trasmissibile rispetto agli altri lignaggi di coronavirus. Le sue 21 mutazioni caratteristiche l'aiutano a diffondersi più facilmente, ma anche a sfuggire agli anticorpi messi in campo contro precedenti infezioni da CoViD-19: per ogni 100 persone guarite da forme di covid dovute a varianti diverse in primavera, ce ne sono state tra le 25 e le 61 che si sono infettate di nuovo con la variante P.1.

In un esperimento coordinato da William M.

de Souza, virologo dell'Università di San Paolo, nuovi coronavirus nella variante brasiliana P.1 sono stati messi a contatto in laboratorio con anticorpi di pazienti brasiliani guariti dalla covid nel 2020. L'efficacia di queste difese immunitarie contro la P.1 è risultata sei volte inferiore rispetto ad altre varianti: c'è insomma il rischio che anche i guariti siano altamente vulnerabili a nuove infezioni da variante brasiliana. Secondo Faria, la maggior parte dei casi nella seconda ondata a Manaus è attribuibile a reinfezioni.

Contro i vaccini. Il virologo e i colleghi hanno infine testato, in laboratorio, l'efficacia degli anticorpi di otto persone vaccinate con il vaccino anti-covid cinese CoronaVac utilizzato in Brasile: gli anticorpi sono risultati meno efficaci nel bloccare la variante brasiliana P.1 che nell'ostacolare altre varianti. Si tratta di test in provetta che non si traducono necessariamente in conclusioni per la vita reale. I vaccini generano una protezione a tutto campo che non è fatta di anticorpi soltanto e proteggono comunque dalle forme gravi di covid. Ma se non ci sbrighiamo a immunizzare potremmo trovarci a combattere un osso ancora più duro.

5 marzo 2021 Elisabetta Intini
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