L'ultima volta che vi abbiamo parlato dei vaccini intranasali la sperimentazione era solo all'inizio: ora invece, dei sette ancora in fase di sviluppo (uno, quello di Altimmune, è stato abbandonato dopo i risultati deludenti dei trial di fase 1), tre hanno raggiunto le sperimentazioni cliniche di fase 3 (condotte su gruppi di volontari umani). Secondo gli esperti, i vaccini intranasali potrebbero riuscire a bloccare la trasmissione del coronavirus SARS-CoV-2, rompendo così la catena dei contagi: ma il cammino verso l'approvazione è ancora lungo, e deve fare i conti con diversi ostacoli.
Stop locale. Rispetto ai normali vaccini anticovid, il vantaggio degli spray nasali è di riuscire a sollecitare la produzione di immunoglobine A (IgA), che scatenano l'immunità mucosale: a differenza delle immunoglobine G (IgG), le IgA riescono a bloccare il virus localmente nelle vie respiratorie, e non solo internamente. «Se vogliamo contenere la diffusione del virus nell'organismo, l'immunità mucosale è la nostra grande speranza», sottolinea Akiko Iwasaki, immunologo dell'Università di Yale.
Semplicità. L'anno scorso i National Institutes of Health (NIH) hanno confrontato l'efficacia del vaccino di Oxford-AstraZeneca inoculato per via nasale o intramuscolare, e ne è risultato che i criceti che avevano ricevuto la propria dose per via intranasale avevano un livello di anticorpi nel sangue maggiore rispetto a quelli che avevano ricevuto l'iniezione.
Un altro vantaggio dei vaccini intranasali è che non necessitano di siringhe o aghi: questo, oltre a ottimizzare gli spazi durante le fasi di trasporto e stoccaggio, consente l'inoculazione anche da parte di personale non specializzato (facilitando la campagna vaccinale nei Paesi più poveri) e permette a chi è agofobico di vaccinarsi.
Alcuni punti deboli. I vaccini intranasali hanno però anche alcuni punti deboli, uno tra tutti il fatto che il naso si trova molto vicino al cervello: proprio perché questo tipo di vaccini è ancora all'inizio della sperimentazione, gli scienziati sanno poco del funzionamento dell'immunità mucosale, che l'epidemiologo Wayne Koff definisce «la scatola più nera tra le scatole nere». Il fatto che il naso si trovi così vicino al cervello impone cautela, poiché le sostanze inalate potrebbero causare problemi neurologici. Non sarebbe la prima volta: nel 2004 l'uso di un vaccino nasale contro l'influenza venne associato alla paralisi di Bell (una momentanea paralisi del volto).
Bisogna poi tenere conto che "spray" non è automaticamente sinonimo di "inoculazione facile": al contrario, mentre i vaccini intramuscolari consegnano il liquido direttamente nel muscolo, dove trova velocemente le cellule immunitarie, le goccioline spruzzate nelle narici devono riuscire a entrare nelle cavità nasali prima di essere starnutite fuori, e poi oltrepassare la barriera del muco per raggiungere le cellule immunitarie.
Insomma, non proprio un gioco da ragazzi.