I programmi vaccinali per i Paesi poveri procedono con la solita lentezza: oltre a causare morti che si potrebbero evitare, lasciare interi continenti senza copertura vaccinale (in Africa è protetto appena l'11% della popolazione) permette al coronavirus di diffondersi, mutare e dare vita a nuove varianti.
Donare conviene. Uno studio pubblicato su Nature Human Behaviour guarda a cosa accadrebbe se i Paesi più ricchi decidessero di donare per cinque anni la metà delle proprie dosi di vaccino ai cosiddetti LMIC (low and middle-income countries, Paesi a basso e medio reddito), oppure se prevalesse un atteggiamento differente e optassero per tenerle per sé.
Nel primo caso, oltre a ridurre il tasso di mortalità nei LMIC, diminuirebbe anche il numero di ondate pandemiche in tutto il mondo e sarebbe meno probabile assistere all'insorgere di una nuova variante.
Al contrario, accumulare dosi sarebbe controproducente: se nel breve periodo i Paesi più ricchi hanno effettivamente riscontrato dei benefici nel vaccinare i propri cittadini, con una riduzione dell'incidenza del virus e del tasso di mortalità, a lungo andare la mancata vaccinazione di chi vive nei Paesi a basso reddito non farebbe altro che prolungare la pandemia in tutto il mondo, dal momento che i confini non possono essere chiusi per sempre e fino a che tutti non saranno protetti, nessuno lo sarà veramente.
Esitazione e soldi. Donare vaccini, però, non basta: il Sudafrica, ad esempio, lo scorso novembre si è visto costretto a chiedere lo stop all'invio di dosi perché ne aveva già a sufficienza, ma non riusciva a inocularle a causa della dilagante esitazione vaccinale.
Un altro problema da risolvere è quello della distribuzione: l'Africa avrebbe bisogno di 1,3 miliardi di dollari per pagare i costi delle operazioni di distribuzione (tra cui il mantenimento della catena del freddo) e il personale sanitario che deve vaccinare la popolazione; tutte questioni che hanno bisogno di finanziamenti, per essere gestite.
Nessuno si salva da solo. I risultati di questo studio confermano che quando si tratta di pandemie è necessario avere una visione globale: «La pandemia non conosce confini», ricordano i ricercatori, «e alla fine pagheremo tutti i costi economici e sanitari di una distribuzione vaccinale iniqua».