Un test rapido per la covid basato sulla tecnica CRISPR potrebbe tagliare ulteriormente i tempi di attesa tra un tampone e il suo responso. Il test è stato messo a punto da un gruppo di ricercatori coordinato da Jennifer Doudna, la pioniera della tecnica CRISPR dell'Università di Berkeley (California) premiata con il Nobel per la Chimica 2020 insieme ad Emmanuelle Charpentier, proprio per la scoperta delle forbici molecolari.
Allo scoppio della pandemia, Doudna aveva deciso di sfruttare i laboratori che dirige per verificare le potenzialità dei farmaci già esistenti contro la covid e per moltiplicare i test per il coronavirus, usando le tecniche più all'avanguardia disponibili.
Salto di qualità. Il nuovo test si basa su di un normale tampone nasale, ma restituisce un risultato in cinque minuti, senza bisogno di costose analisi di laboratorio: se arrivasse sul mercato, potrebbe essere adottato nelle scuole, negli uffici, negli studi medici e ovunque si renda necessaria una risposta molto rapida. Quello descritto in un articolo in prepubblicazione su medRxiv non è il primo test rapido basato sulla CRISPR: nei mesi scorsi ne sono stati sviluppati altri che davano una risposta già dopo un'ora - comunque molto più rapidamente delle 24 ore tradizionali.
Come fa ed essere così veloce? I test per la covid basati sulla tecnica CRISPR riescono a identificare nel campione una sequenza specifica di RNA del virus SARS-CoV-2, lunga circa 20 basi. Ci riescono perché si basano su una sequenza di "RNA guida" complementare all'RNA bersaglio, pronto a legarsi ad esso nel caso il virus fosse presente. Quando questo legame avviene, l'enzima Cas13, uno degli strumenti della scatola degli attrezzi-CRISPR, si attiva, e si mette a tagliare ogni filamento singolo di RNA nelle vicinanze. Questi frammenti tagliati rilasciano una particella fluorescente precedentemente introdotta in una soluzione usata apposta per testare, e segnalano così l'eventuale positività.
I test iniziali basati sulla CRISPR avevano finora bisogno di amplificare l'RNA virale per renderlo visibile, come fanno anche quelli basati sulla reazione a catena della polimerasi inversa. Questo richiedeva tempo, denaro e reagente, tutte cose che dopo otto mesi di pandemia (ma anche prima) iniziano a scarseggiare. Il gruppo di Doudna ha creato un test che non ha bisogno di amplificare l'RNA del virus per individuarlo.
Più sensibile. Dopo aver testato centinaia di possibili combinazioni di RNA guida capaci di lavorare "in squadra" per aumentare la sensibilità del test, il team ha trovato un singolo filamento capace di individuare 100.000 virus per microlitro di soluzione.
Aggiungendone un altro che opera in tandem, si riescono a scovare 100 particelle virali per microlitro (milionesimo di litro): un netto aumento di sensibilità, anche se non ancora al livello dei risultati raggiunti dalle macchine in laboratorio, che trovano una particella virale per microlitro.
I casi più gravi. Il non dover amplificare le sequenze virali per poterle trovare ha anche un altro vantaggio: quello di riuscire a capire chiaramente quanto materiale genetico del virus è presente nel campione. Il segnale fluorescente appare inoltre tanto più luminoso quanto più virus è presente nel campione: uno strumento in più che potrebbe segnalare da subito i pazienti che ospitano alte cariche virali. Ora il test dovrà passare attraverso una fase di validazione prima che possa essere commercializzato.