Spesso sentiamo parlare di mutazioni del virus della covid, mutazioni che danno vita a nuove varianti, più o meno infettive, più o meno letali. Come avvengono queste mutazioni? È possibile calcolare la velocità con cui il coronavirus SARS-CoV-2 muta? A queste e altre domande risponde un interessante articolo pubblicato su The Conversation.
Le mutazioni sono «la massima espressione dell'evoluzione, e forniscono il materiale grezzo alla selezione naturale». Una mutazione è, sostanzialmente, un errore: un refuso in una stringa di lettere, in cui una base (ovvero una lettera) viene sostituita con un'altra. Il genoma del SARS-CoV-2 è composto da 30.000 basi, dunque i refusi possono essere davvero tanti. La frequenza con cui si verificano delle mutazioni dipende dalla probabilità che si verifichi un errore nella replicazione del genoma: nel caso del coronavirus della covid, questa probabilità è stata calcolata in tre su un milione - dunque, tre replicazioni ogni milione saranno differenti dall'originale.
Il ritmo della mutazione. Pur tenuto conto di tutte le variabili possibili e del fatto che stiamo parlando di calcoli statistici e di stime, si può arrivare a una risposta che dia l'idea di ciò che può accadere. Se moltiplichiamo 30.000 (le basi del genoma di SARS-CoV-2) per la probabilità di errore, 3/1.000.000, il risultato - circa 0,1 - è il numero di mutazioni che si verificano ogni volta che il genoma del virus si replica. Nel caso di un contagiato, durante il picco dell'infezione, che dura da cinque a sette giorni, il virus si replica tra le tre e le sette volte: se prendiamo una media di cinque replicazioni, per ogni infetto avremo (in media) 5 x 0,1 = 0,5 mutazioni. Per quanto sia una rappresentazione statistica, possiamo dire che avremo una mutazione completa ogni due persone contagiate.
genoma virale e genoma umano. Che cosa vogliono dire tutti questi numeri? Il virus muta velocemente oppure no? Può essere utile un paragone con il genoma umano: ogni due settimane avvengono nel nostro corpo 0,5 mutazioni. In numeri assoluti è un ritmo simile a quello del SARS-CoV-2, ma se consideriamo il "numero di lettere" che possono cambiare, la questione si fa ben diversa. Il genoma umano è 100.000 volte più grande di quello del coronavirus della covid, il che significa che SARS-CoV-2 muta a una velocità due milioni di volte superiore a quella del genoma umano. Dal primo contagio, il coronavirus ha subìto in proporzione lo stesso numero di mutazioni che si sono verificate negli umani da quando l'Homo habilis ha iniziato a vivere sulla Terra, 2,1 milioni di anni fa.
Questi calcoli si riferiscono al numero di mutazioni che ci si aspetta da una singola linea di discendenza del virus, ovvero da una particella virale. Ma a seconda della carica virale, nel corso di un'infezione possono essere diffuse da 300.000 a 300.000.000 di particelle virali, che si stima possano dare luogo ad almeno 100.000 - 100.000.000 di mutazioni.
Poche varianti. Se le mutazioni sono così frequenti, come mai allora le varianti sono così poche, e sono emerse così tardi? Innanzi tutto bisogna sottolineare che la maggior parte delle mutazioni virali non ha alcuna conseguenza, o addirittura può essere dannosa per il virus stesso. Inoltre quasi tutte le mutazioni accumulate in un ospite verranno perse una volta che l'infezione è guarita, e tra un contagio e l'altro la selezione naturale non ha abbastanza tempo per agire e scegliere le mutazioni "migliori" per infettare l'ospite successivo. Il fatto che la maggior parte delle mutazioni non si trasformino in varianti ci fa tirare un sospiro di sollievo, e segna un punto a sfavore del virus: tuttavia, questo handicap viene compensato dall'altissimo numero di persone che viene contagiato giornalmente. Con circa 620.000 casi giornalieri nel mondo, i conti sono presto fatti: ogni giorno circolano circa 300.000 mutazioni.
Combinazioni letali. Secondo alcuni, è possibile che il virus stia esaurendo le proprie opzioni evolutive, e che il rischio che si sviluppi una nuova, pericolosa variante sia sempre più basso. Ma Ed Feil, autore dell'articolo e professore di microbiologia evolutiva, non è d'accordo: «Il virus potrebbe sviluppare nuove caratteristiche combinando diverse mutazioni tra loro, che agiscono nello stesso genoma e si rinforzano l'un l'altra», spiega. «Se così fosse, il SARS-CoV-2 potrebbe avere ancora qualche cartuccia evolutiva da sparare». Non ci resta che sperare che si tratti di munizioni a salve.