Salute

Covid: a che punto è la campagna vaccinale nel mondo?

Quasi metà del mondo è vaccinato contro la covid, ma non in modo uniforme e non con vaccini dello stesso tipo: qualche considerazione sulle differenze tra i cinque continenti.

Il 45% della popolazione mondiale è vaccinato contro la covid: un dato incontrovertibile, ma che non rende davvero l'idea della situazione globale, perché si tratta di una media. Guardando continente per continente, il quadro si fa un po' più chiaro: dal 60% del Centro e Sud America si passa al 50% dell'Asia, per arrivare all'8% dell'Africa.

Percentuale vaccinati nel mondo
La percentuale di persone vaccinate nelle diverse parti del mondo. © OurWorldInData | Statista

Programmi fumosi. «Entro la fine del 2022 voglio che venga vaccinato il 70% della popolazione mondiale», ha dichiarato il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden. Un obiettivo lodevole, che al momento deve però confrontarsi con i deludenti risultati del programma COVAX.

Russi e cinesi. Dati alla mano, il Centro e il Sud America sono dunque al primo posto con il 60% di popolazione vaccinata: di 19 Paesi, nove utilizzano o hanno utilizzato i vaccini cinesi Sinovac e Sinopharm o il russo Sputnik V. Anche in Asia, con il 50% di popolazione vaccinata, vengono utilizzati vaccini cinesi e russi. Perché sottolinearlo?

I vaccini cinesi Sinovac e Sinopharm, entrambi inattivati (ovvero con al loro interno il virus morto), sono stati approvati dalla OMS: per Sinovac, tuttavia, l'efficacia nel prevenire la malattia in forma sintomatica al momento dell'approvazione era solo del 51% (contro, ad esempio, il 95% di Pfizer); secondo uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine, guardando al Cile (che ora, però, ha cambiato tipo di vaccino e sta somministrando Pfizer) l'efficacia era del 65,9%. Per Sinopharm, invece, l'efficacia contro l'infezione sintomatica era del 79%: quel che stupisce è che, in entrambi i casi, la OMS sottolinea l'assenza di ultrasessantenni nei trial clinici, e dunque l'impossibilità di stimare l'efficacia per questa categoria di persone, la più a rischio di conseguenze gravi per la covid.

Il caso degli oltre 100 operatori sanitari indonesiani morti di covid nonostante la doppia dose di vaccino Sinovac aveva inoltre fatto discutere, e in molti si erano domandati se il vaccino fosse meno efficace contro quelle che all'epoca erano nuove varianti.

È simile la questione di Sputnik V, anche se con un'importante differenza: la mancata approvazione da parte dell'OMS. Attorno a questo vaccino vi sono da sempre diversi dubbi, alimentati prima dalla frettolosa approvazione del governo russo, che non ha atteso nemmeno l'inizio dei trial di fase III, e poi dai dubbi dati scientifici rilasciati dall'istituto di ricerca che l'ha sviluppato, il Gamaleya Research Institute di Mosca, che hanno fatto storcere il naso a diversi esperti.

Sulla carta, lo Sputnik è un vaccino a vettore virale - come quello di Johnson & Johnson, per intenderci - altamente efficace (97,6%, almeno prima dell'arrivo delle varianti), approvato in oltre 70 Paesi: nella realtà, oltre ai dubbi sollevati dal Brasile sulla sicurezza (che ne hanno impedito l'approvazione), anche il Sudafrica l'ha dichiarato potenzialmente pericoloso per un popolo ad alto rischio AIDS come quello africano, causandone la sospensione da parte della Namibia, dove veniva già somministrato.

Un quadro completo. Insomma, parlare di tassi di vaccinazione globali non è così semplice, e quando lo si fa bisogna tenere conto di diversi aspetti: con l'arrivo di nuove varianti, poi, bisognerà vedere quali vaccini riusciranno ancora a proteggerci, e quali dovranno essere perlomeno "aggiornati" con una nuova dose di rinforzo adattata.

14 dicembre 2021 Chiara Guzzonato
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