Studiando l'infezione da covid nei topi, un gruppo di ricercatori statunitensi ha messo in luce un meccanismo fin qui poco noto del danno polmonare da coronavirus: l'esposizione alla sola proteina spike è sufficiente a provocare le lesioni polmonari tipiche del SARS-CoV-2 (a cominciare dall'infiammazione), anche in assenza del virus vero e proprio. La scoperta, presentata nel corso del meeting virtuale Experimental Biology (EB) 2021, potrebbe servire a comprendere meglio come faccia questo frammento di virus a provocare problemi respiratori, e a sviluppare nuovi trattamenti che lo prendano di mira.
Una terza via. La forte infiammazione polmonare alla base della polmonite interstiziale da covid (che interessa, cioè, l'interstizio, il tessuto che sostiene e riveste gli alveoli, ossia le cellule respiranti), è stata sin dall'inizio uno dei sintomi più riconoscibili della covid. Questo stato infiammatorio è stato attribuito all'azione diretta del virus - ma anche a un'eccessiva risposta infiammatoria ordita dal sistema immunitario. All'origine del danno, tuttavia, potrebbe esserci anche un altro fattore: la stessa proteina spike, capace - da sola, anche senza il virus vero e proprio - di provocare lesioni polmonari.
Pavel Solopov, ricercatore del Frank Reidy Research Center for Bioelectrics della Old Dominion University (Norfolk, Virginia) è arrivato alla scoperta dopo aver definito nuovi test da condurre sugli animali per lo studio del danno polmonare da covid. Studiare il SARS-CoV-2 in forma intatta richiederebbe un laboratorio con un livello di biosicurezza 3, non per tutti disponibile; così lo scienziato e il suo team hanno "ingegnerizzato" alcuni topi (ossia li hanno modificati geneticamente) in modo che esprimessero, nei loro polmoni, il recettore umano per il nuovo coronavirus.
un modello replicabile. In questo modo, è stato possibile studiare il danno polmonare della covid isolando il ruolo della spike senza dover necessariamente usare il virus vivo intatto - riducendo i rischi e la necessità di un laboratorio attrezzato per questi studi. Questo modello facilmente replicabile dovrebbe ampliare e diversificare la ricerca sul SARS-CoV-2 ma anche su altri coronavirus che usano la stessa proteina spike per accedere alle cellule da infettare.
Il team ha iniettato un frammento della spike nei topi geneticamente modificati, e soluzione salina in quelli del gruppo di controllo. Dopo 72 ore i topi del primo gruppo avevano sviluppato alcuni dei sintomi polmonari tipici della covid, inclusi una grave infiammazione, un'aumentata concentrazione di globuli bianchi accorsi sul posto e l'inizio di una tempesta di citochine, un'eccessiva risposta immunitaria che fa sì che il corpo inizi ad attaccare i propri tessuti anziché rivolgersi semplicemente contro il virus.
Il gruppo di controllo non ha accusato alcun sintomo.
In cerca di terapie. Anche i vaccini anti-covid introducono nell'organismo la ricetta per sintetizzare la spike, ma la quantità di proteina prodotta dall'organismo dopo la vaccinazione «è talmente trascurabile da non provocare l'infezione, benché sufficiente a indurre un'immunità specifica al nuovo coronavirus», chiarisce Pavel Solopov, primo autore dello studio. I vaccini sono sicuri e la ricerca si riferisce invece alla malattia provocata dal SARS-CoV-2, che i vaccini prevengono. «Nella nostra ricerca abbiamo infuso una porzione della spike direttamente nei polmoni dei topi, per provocare il danno delle cellule endoteliali dei polmoni, così come accade nell'infezione da CoViD-19», conclude Solopov.
Secondo i ricercatori, una singola esposizione di questi topi al frammento di spike usato è un valido modello di studio della covid e dei meccanismi molecolari alla base dei danni polmonari. Chissà che, allargando a molti laboratori la possibilità di osservare questo processo, non si possa accelerare la scoperta di farmaci in grado di contrastare l'azione dei coronavirus sulle cellule respiratorie umane.