Salute

Covid dominata da Omicron: dov'è la variante Pi?

La variante Omicron di SARS-CoV-2 sembra essere qui per restare: le recenti versioni del virus discendono tutte da essa. Che cosa possiamo attenderci?

Alpha, Beta, Gamma, Delta, Omicron... siamo così abituati ad assistere alla rapida successione di varianti di SARS-CoV-2 da non esserci accorti di un'apparente battuta d'arresto. Che fine ha fatto la variante Pi? Perché la subentrante a Omicron non è ancora apparsa nei "radar" di chi si occupa di sorveglianza genomica? Quando Omicron ha fatto capolino nel novembre 2021, era la tredicesima variante a ricevere un nome ufficiale in meno di un anno. Da allora sono passati ben 10 mesi senza nessuna nuova lettera greca. Che cosa è accaduto?

Un nuovo corso. Di certo il coronavirus SARS-CoV-2 non ha smesso di evolvere. Potrebbe però essere entrato in una nuova fase. Chi lo studia da vicino ha notato che mentre le scorse varianti sono sorte ciascuna in modo indipendente, da un ramo diverso dell'albero genealogico del virus e con uno specifico set di nuove mutazioni (per intenderci: Beta non è discesa da Alpha), da Omicron in poi le cose sono cambiate.

Da qualche tempo tutte le più significative variazioni genetiche del virus sembrano discendere da uno stesso lignaggio: quello di Omicron, appunto. Le nuove versioni del virus che continuano ad affaccendarsi somigliano ancora molto all'Omicron originale nelle caratteristiche di base, per esempio nel modo in cui attaccano l'organismo - risparmiando le vie respiratorie profonde in cambio di una maggiore facilità di trasmissione.

Bombe a orologeria. Gli scienziati hanno ormai appurato che le nuove varianti di SARS-CoV-2 accumulano le mutazioni che le caratterizzano non tanto saltando da un ospite all'altro, ma piuttosto nascondendosi e attendendo pazientemente in singoli pazienti immunocompromessi, che si trascinano la covid per mesi senza riuscire a neutralizzarla. Quando il virus emerge da queste persone per infettarne altre ha ormai conquistato nuove abilità nel modo di attaccare le cellule, di evitare gli anticorpi o indebolire le difese immunitarie.

Ottima partenza. Omicron non è stata da meno: il virus è emerso da questo fruttuoso letargo con oltre 50 mutazioni che gli hanno permesso di eludere le difese immunitarie di vaccinati e guariti da precedenti infezioni, di diffondersi in tutto il mondo e scalzare completamente le varianti più vecchie. Come spiegato sul New York Times, quando Omicron è comparsa per la prima volta, era talmente diversa dalle precedenti versioni del virus da sembrare non solo un nuovo ceppo, ma quasi una nuova specie.

Famiglia allargata. Nel 2022 abbiamo imparato che sotto l'ombrello di Omicron sono comprese almeno cinque sottovarianti, dalla BA.1 alla BA.5, che si sono date il cambio nell'essere dominanti.

Alcune di esse hanno non solo sottovarianti "figlie", ma addirittura "nipoti", come la BA.2.75.2 di recente identificata, che pare molto più abile nel dribblare le difese immunitarie rispetto alle altre.

Non c'è ragione per aspettarsi che questa sia la fine dell'albero evolutivo di Omicron. Né si può escludere che prima o poi incontreremo la variante P, perché il nuovo coronavirus rimane parecchio imprevedibile. Ma l'Oms assegna una nuova lettera soltanto nel caso in cui una variante sia talmente nuova da introdurre nuovi rischi per la salute pubblica. Perciò se proprio deve essere, speriamo che succeda il più tardi possibile.

24 settembre 2022 Elisabetta Intini
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