Salute

Covid: la catastrofe in India dipende dalla variante?

La scarsità di dati scientifici sulla "variante indiana" B.1.617 e sulla sua diffusione rende difficile valutare il suo apporto alla seconda ondata.

Mercoledì 28 aprile le autorità sanitarie dell'India hanno comunicato circa 3.300 decessi giornalieri per covid, un bilancio che ha portato a quasi 201.200 il numero delle vittime della pandemia. Con il contatore dei nuovi casi arrivato a quasi 357.700, la situazione è fuori controllo e gli esperti sono convinti che i decessi reali siano molti di più. E mentre il resto del mondo cerca di aiutare come può (e come il governo indiano permette), ci si chiede quale sia il contributo della B.1.617, la cosiddetta "variante indiana" di coronavirus, a questa devastante seconda ondata.

Tutta colpa della variante? Il giudizio popolare ha già stabilito che la variante indiana deve essere la principale responsabile di quello che sta avvenendo, ma come spesso accade, i dati scientifici dipingono un quadro assai più complesso, fatto di diverse concause e di informazioni ancora incerte. È indubbio che la B.1.617 stia giocando un ruolo chiave in questo nuovo fiume di contagi, ma quanto stia direttamente contribuendo ai contagi, da sola e in relazione ad altre versioni del virus come la variante "inglese" B.1.1.7, non è per nulla chiaro.

La risposta ai vaccini. Come riferito dal New York Times, i dati preliminari indicano che la variante B.1.167 risponde ancora bene ai vaccini (in India è in uso soprattutto il vaccino di Oxford-AstraZeneca), anche se forse leggermente meno rispetto ad altre versioni del SARS-CoV-2. I medici locali riferiscono di episodi aneddotici, non basati su studi scientifici, di persone completamente vaccinate che si ammalano comunque: al Sir Ganga Ram hospital, nella capitale, 37 medici vaccinati con entrambe le dosi di AstraZeneca, ricevute a sei settimane l'una dall'altra, si sono di nuovo ammalati con sintomi lievi - nell'ospedale lavorano circa 500 dottori.

Finora, però, i dati raccolti dall'Indian Council of Medical Research al 21 aprile 2021 mostrano un tasso molto basso delle cosiddette breakthrough infection, le infezioni nei vaccinati. Si parla di una percentuale di vaccinati che si ammalano comunque che va dallo 0,02% allo 0,04%, molto bassa, anche se superiore a quella rilevata negli USA, che è dello 0,008%. Al momento, l'India ha vaccinato con entrambe le dosi meno del 2% della sua popolazione e la presunta scarsa efficacia del vaccino contro la variante indiana non sembra, da sola, una spiegazione convincente.

Due volte mutata? Anche lo spauracchio della "doppia mutazione" spesso associato alla B.1.167 è fuorviante, perché la variante ha, come tutte le altre, ben più di due mutazioni. L'espressione deriva dal fatto che una delle tre versioni della variante indiana presenta due mutazioni trovate in altre versioni assai virulente del nuovo coronavirus - una, riscontrata anche nella variante californiana, che la rende più contagiosa e una, presente anche nella variante sudafricana, che la renderebbe più capace di schivare le difese immunitarie naturali o indotte dai vaccini.

Diffusione non omogenea. A complicare le cose c'è il fatto che diverse varianti sembrano essere prevalenti in diverse parti dell'India. La B.1.617 è stata rintracciata in un gran numero di campioni virali dello stato centrale del Maharashtra, dove si trova Mumbai, mentre la variante inglese B.1.1.7 si sta rapidamente diffondendo a Nuova Delhi, dove alla metà di marzo costituiva il 50% circa dei campioni analizzati. Nella capitale circola anche la B.1.617. Finora però, per problemi logistici, burocratici e di carenza di fondi, meno dell'1% dei campioni virali raccolti in India è stato sequenziato.

Caratteristiche nuove. I medici notano che questa seconda ondata sta interessando intere famiglie, a differenza della precedente, e molto spesso pazienti giovani e bambini, che si presentano con diarrea, acidosi (un accumulo di sostanze acide nell'organismo) e calo della pressione sanguigna, sintomi notati anche in pazienti precedentemente sani. Molti altri fattori, a cominciare dagli affollati raduni politici e religiosi, costituiscono però una spiegazione più immediata alla diffusione dei contagi (ne abbiamo scritto qui): all'origine di tutti c'è stato un falso senso di sicurezza indotto dalle autorità alla fine dell'inverno, quasi come se l'India potesse essere ormai considerata fuori dall'emergenza covid.

2 maggio 2021 Elisabetta Intini
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