Nei primi mesi di pandemia si temeva che la covid fosse destinata a investire gli Stati africani come uno tsunami. Paesi come la Sierra Leone, che possono contare su tre medici ogni 100.000 abitanti e che sono già messi duramente alla prova da malaria, tubercolosi, HIV, Ebola e malnutrizione, avrebbero riportato - si diceva - un numero disastroso di casi e di decessi. Non sembra essere andata così. Ma non è per niente chiaro se si possa realmente parlare di scampato pericolo.
Il basso tasso di infezioni, ricoveri e decessi per covid in Africa occidentale e centrale è uno dei misteri irrisolti della pandemia: dipende semplicemente dalla mancata registrazione dei casi? Se il SARS-CoV-2 fosse stato in Africa meno letale che altrove, quali fattori hanno protetto la popolazione? E se invece la pandemia avesse duramente colpito questo come altri continenti, come abbiamo fatto a non accorgercene? La questione è ripresa in un articolo sul New York Times.
Molte infezioni. Sul fatto che il virus abbia potuto circolare ampiamente anche in Africa non ci sono più dubbi. Diversi studi che coprono quasi tutti i Paesi dell'Africa subsahariana evidenziano la presenza di anticorpi anti SARS-CoV-2 nei due terzi della popolazione. E siccome soltanto il 14% degli abitanti di questi Stati è stato vaccinato, quelle che osserviamo sono le difese immunitarie sviluppate in seguito all'infezione vera e propria. Secondo un'analisi dell'OMS non ancora pubblicata in peer-review, che prende in considerazione l'Africa intera, il 65% degli africani aveva contratto il virus entro fine 2021. I contagi ci sono stati, eccome.
Giovane età. Perché allora così pochi decessi? Una delle poche spiegazioni convincenti riguarda le caratteristiche anagrafiche della popolazione. L'età mediana (ossia quella che si colloca nel mezzo nella successione di valori) degli africani è di 19 anni; in Europa è di 43 anni e negli USA di 38. In Africa subsahariana, due terzi della popolazione ha meno di 25 anni, e in questa fase della vita non c'è ancora stato tempo per sviluppare quelle patologie (diabete, obesità, problemi cardiovascolari, cancro, malattie respiratorie croniche) che aumentano il rischio di contrarre la covid in forma grave. I giovani manifestano più spesso la covid in forma lieve o asintomatica e questo potrebbe spiegare il basso numero di casi rilevato.
Il confronto con l'India. Altre ipotesi circolate sono state le alte temperature, la bassa densità di popolazione in certe aree rurali, la limitata disponibilità di trasporti pubblici e la compresenza di infezioni, come malaria, febbre Lassa o Ebola, che potrebbero aver offerto una qualche forma di protezione aggiuntiva (per gli anticorpi o per i comportamenti preventivi mantenuti).
Ma i milioni di decessi causati dalla variante Delta in India rendono difficile accettare queste spiegazioni. Dopotutto, l'età mediana della popolazione in India è di 28 anni, le temperature sono elevate anche lì e l'incidenza dei casi di malaria o di altre infezioni da coronavirus è comunque alta.
Pochi dati a disposizione. Rimane allora da pensare che le morti per covid in Africa non siano state adeguatamente contate. Una ricerca della Njala University della Sierra Leone ha trovato anticorpi al nuovo coronavirus nel 78% della popolazione, ma il Paese ha riportato appena 125 morti per covid dall'inizio della pandemia. In parte potrebbe dipendere da un sistema di testing praticamente inesistente, e in parte dal fatto che i pazienti muoiono a casa, per la lontananza degli ospedali o per scelta dei parenti. Secondo la Commissione economica per l'Africa (ECA) in Africa subsahariana sarebbe stata registrata soltanto una morte per covid ogni tre.
Ma l'impatto del virus in Sudafrica rende difficile pensare che altri Paesi con sistemi sanitari più fragili siano stati risparmiati. Nella nazione che per prima ha individuato la variante Omicron ci sono state, tra marzo 2020 e settembre 2021, 250.000 morti in più di quelle che si sarebbero verificate per cause naturali, e tutte in corrispondenza delle ondate di covid.
«Se sta succedendo in Sudafrica, perché qui dovrebbe essere diverso?», ha detto al New York Times Lawrence Mwananyanda, epidemiologo dell'Università di Boston e consigliere sanitario del Presidente dello Zambia, Paese con 18 milioni di abitanti e solo 4.000 decessi da covid ufficiali. Uno studio coordinato da Mwananyanda ha trovato tracce di SARS-CoV-2 nell'87% dei corpi presenti negli obitori degli ospedali dello Zambia, e per l'Economist le morti in eccesso per covid in Africa dall'inizio della pandemia sarebbero tra 1 e 2,9 milioni.
Perché nessuno se ne è accorto? La teoria delle mancate registrazioni non trova consenso tra gli scienziati che lavorano sul territorio africano. Referti a parte, se il virus fosse stato letale come altrove si sarebbero dovuti vedere ospedali sovraffollati, mancanze di bare, funerali di massa, e così non è stato (se si esclude il caso del Sudafrica). La burocrazia può anche non tenere il passo con un numero inusuale di decessi, ma in molte circostanze è mancata anche la percezione sociale di quelle morti, nei media locali e nelle cerchie di amici e conoscenti.
Vaccinare tutti vale la pena? E se il mistero è destinato per ora a rimanere irrisolto, il basso tasso di morti sta spingendo alcuni a ripensare le politiche sanitarie africane.
Secondo John Johnson, consigliere per le vaccinazioni di Medici Senza Frontiere, l'obiettivo di vaccinare il 70% della popolazione africana poteva aver senso un anno fa, quando si credeva di poter arginare la trasmissione del virus.
Ma ora che sappiamo che il sogno dell'immunità di gregge è svanito anche in Paesi con alte disponibilità di dosi varrebbe forse la pena proteggere soltanto i più vulnerabili, e investire le risorse in altre emergenze sanitarie come la malaria, la polio, il colera, la meningite e l'insicurezza alimentare. Questo, presupponendo che le prossime varianti di covid siano meno letali, com'è avvenuto con Omicron. Ma chi può esserne sicuro?