Risalire ai casi originari di covid, i contagi silenziosi avvenuti prima che il mondo si svegliasse malato, è importante per capire da dove arrivi il coronavirus SARS-CoV-2 e come sia avvenuto il suo salto dai serbatoi animali all'uomo. E se trovare il paziente zero è difficile e neanche troppo sensato, si può però rintracciare il comune antenato genetico di tutte le infezioni: quello che gli esperti chiamano genoma progenitore (il padre, o la madre di tutti i coronavirus SARS-CoV-2).
Un nuovo studio pubblicato sulla rivista scientifica Molecular Biology and Evolution ha ricostruito, con un'indagine retroattiva, il profilo di questo "antenato" comune e svelato alcuni dettagli temporali e geografici sulla prima diffusione del virus. Fu questo progenitore a dare origine alla famiglia di ceppi che annovera, tra gli altri, anche quelli sequenziati a Wuhan a dicembre 2019. «Gli eventi di Wuhan - spiega Sudhir Kumar, direttore dell'Institute for Genomics and Evolutionary Medicine della Temple University (USA) - rappresentarono il primo evento superdiffusore di un virus che aveva tutti gli strumenti necessari per causare una pandemia mondiale fin dalla sua iniziale comparsa».
Come si sono svolte le ricerche. Gli scienziati hanno ricostruito il genoma del virus progenitore (proCoV2) usando un grande database di genomi di coronavirus ottenuto da individui contagiati da dicembre 2019. Come ha spiegato all'agenzia ANSA Giuseppe Novelli, genetista dell'Università di Roma Tor Vergata: «Per identificare il genoma progenitore è stata utilizzata una tecnica di uso comune nella ricerca sul cancro, chiamata analisi dell'ordine di mutazione, che si basa sull'analisi dei ceppi mutanti. Si osserva la frequenza con cui le coppie di mutazioni appaiono insieme per trovare la radice del virus».
già presente in autunno. Così si è capito che il virus progenitore circolava già almeno un mese, un mese e mezzo prima che fosse lanciato l'allarme: «Il gruppo di Kumar stima che il virus abbia un tasso di mutazione di circa 2 mutazioni al mese e che abbia avuto origine almeno 6-8 settimane (quindi a fine ottobre 2019) prima del primo genoma sequenziato in Cina, noto come Wuhan-1», precisa Novelli. Secondo gli scienziati questi tempi sarebbero compatibili con l'individuazione molto precoce del virus in altri Paesi, prima ancora che fossero noti i casi di Wuhan, come il rinvenimento di un frammento di spike (cioè la proteina chiave che il coronavirus usa per infettare le cellule umane) identica a Wuhan-1 in Italia all'inizio di dicembre.
Già ben attrezzato. Il progenitore di ogni SARS-CoV-2 avrebbe dunque avuto origine in Cina, ma presenta almeno tre variazioni rispetto a quelli sequenziati a Wuhan che, dunque, possono già essere considerati suoi "nipoti": in altre parole nessuno di quei primi contagiati a Wuhan è il paziente zero.
«Abbiamo trovato l'impronta genetica del progenitore a gennaio 2020 e più tardi in molte infezioni da coronavirus in Cina e negli USA. Il progenitore si stava diffondendo rapidamente nel mondo mesi prima e mesi dopo i primi casi di CoViD-19 in Cina», chiarisce Sergei L K Pond, uno degli autori. Una diffusione così massiccia già nelle prime fasi prova che, come già intuito in studi precedenti, il virus capostipite aveva già dall'inizio tutte le carte in regola per essere altamente infettivo e diventare pandemico.