Salute

COVID-19: i test degli anticorpi cambieranno tutto?

I test degli anticorpi sono spesso invocati come la soluzione per porre fine al lockdown, ma diversi fattori potrebbero limitare il loro potenziale.

Test degli anticorpi è una delle espressioni più spesso citate accanto a ripartenza: nell'affidabilità di questi test sono riposte le speranze di un alleggerimento delle misure di lockdown per la COVID-19. Ma dopo gli entusiasmi iniziali che hanno portato decine di aziende di biotecnologie a produrre kit per la diagnosi sierologica fai da te, iniziano ad emergere alcuni problemi circa l'utilizzo di questi strumenti. Quello principale è legato alla convinzione - errata - che i test degli anticorpi possano essere significativi su base individuale, cioè fotografare con precisione la situazione immunologica di una singola persona. Come vedremo, non è così: piuttosto, la loro validità è da intendersi a scopo di ricerca epidemiologica. Danno risposte, cioè, solo se usati su grandi numeri.

Chi testa i test? Molti kit per i test anticorpi sono stati velocemente autorizzati dagli enti regolatori come la Food and Drug Administration statunitense, ma non sono ancora stati validati dopo un'attenta revisione, e non possono essere considerati come unica prova di avvenuta infezione da COVID-19. Per verificare la loro accuratezza occorrerebbe testarli su centinaia, migliaia di pazienti che hanno contratto l'infezione e centinaia che non l'hanno contratta, ma nella maggior parte dei casi, queste verifiche sono state compiute soltanto su poche decine di persone.

In uno scenario ideale un test degli anticorpi dovrebbe raggiungere o superare il 99% di sensibilità (la capacità di trovare chi ha sviluppato la malattia) e di specificità (la capacità di individuare chi non l'ha sviluppata). Ma non siamo neanche lontanamente vicini a questa accuratezza. Alcuni test degli anticorpi raggiungono una specificità del 40% appena, e il rischio di usarli come strumento per la valutazione individuale è duplice: un falso positivo potrebbe convincere il paziente di aver già avuto la COVID-19 e spingerlo ad esporsi a rischi maggiori; un falso negativo, potrebbe portare una persona ancora contagiosa a moltiplicare i contatti.

La maggior parte dei test per la ricerca di anticorpi del SARS-CoV-2 devono essere ancora validati. Si deve cioè dimostrare scientificamente se funzionano e se forniscono risposte chiare. Se i test non danno risultati affidabili, non sono utili. E potrebbero anzi essere dannosi.

Quando effettuarli. I test fai da te sono inoltre meno accurati delle analisi sierologiche di laboratori perché si basano su un campione di sangue più piccolo e sono effettuati in ambienti meno controllati. Anche il fattore tempo è determinante. Sottoporre un paziente al test degli anticorpi troppo precocemente rischia di "fotografare" una situazione in cui l'organismo non ha ancora sviluppato una risposta immunitaria riconoscibile. Tuttavia, conosciamo ancora troppo poco il SARS-CoV-2 per capire quando si sviluppino i vari tipi di anticorpi che chiama a raccolta.

Viceversa, un test che utilizzi un antigene (le parti della superficie del virus che scatenano la risposta immunitaria) capace di legarsi anche ad anticorpi per altri coronavirus oltre al SARS-CoV-2 potrebbe incorrere in un falso positivo, laddove il paziente avesse già sofferto di comuni infezioni da coronavirus (come quelli che causano banali raffreddori). Soppesare questi fattori richiede tempo: per mettere a punto un test per l'HIV sono serviti anni.

La questione dell'immunità. Occorre anche ricordare che aver contratto la COVID-19 non significa, per quanto ne sappiamo, aver sviluppato immunità all'infezione. Per risultare immune, l'organismo deve aver prodotto gli anticorpi neutralizzanti, cioè quelli che evitano che il virus possa legarsi ai recettori presenti sulle cellule dell'apparato respiratorio. Non è chiaro se tutte le persone che hanno avuto la COVID-19 abbiano anche sviluppato questo tipo di anticorpi; inoltre, solo una parte dei test degli anticorpi in circolazione va a cercare questo tipo specifico di risposta immunitaria. Non è noto quanto a lungo duri l'immunità da coronavirus, senza dimenticare che avere gli anticorpi non significa non essere più contagiosi: ecco perché in presenza di anticorpi al virus va somministrato anche un tampone, per escludere che l'infezione sia ancora in corso.

Finalità di ricerca. Per tutte le ragioni elencate, i test degli anticorpi non possono avere validità individuale - come ricordato anche dal Presidente dell'Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro in una recente conferenza stampa - ma servono piuttosto ad indagini epidemiologiche estese su ampi campioni di popolazione. Quando raggiungeranno una buona affidabilità potranno dirci quante persone abbiano contratto l'infezione, in quali zone e in quali tempi, quali siano le fasce di età e le professioni più esposte. Serviranno inoltre a completare le diagnosi di infezioni attive; se i test degli anticorpi individuassero le immunoglobuline precoci IgM, gli anticorpi che si sviluppano subito in presenza di infezione, un tampone di verifica potrebbe dire se la COVID-19 sia ancora in corso.

22 aprile 2020 Elisabetta Intini
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