Anche un esercizio fisico intenso e prolungato nei giorni dell'incubazione del SARS-CoV-2 può influire - negativamente - sull'esito dell'infezione: a dirlo è uno studio dell'Istituto Superiore di Sanità, il primo a spiegare in un modo coerente le così tante, differenti manifestazioni cliniche della COVID-19, leggera e asintomatica per molti, tuttavia critica anche in alcuni insospettabili casi, come lo è stata per Mattia, il giovane e atletico "paziente 1" di Codogno.
Secondo lo studio di tre ricercatori italiani sottoposto per la pubblicazione alla rivista Pediatric Allergy and Immunology, le prime due settimane dal contagio sono quelle che determinano l'esito dell'infezione, e a influire sulla successiva prognosi sono soprattutto tre fattori.
Quando si rischia di più. A stabilire se il virus sarà ostacolato subito nelle vie aeree superiori (tappezzate dagli anticorpi naturali che si trovano nella saliva e sulle mucose) oppure scenderà verso gli alveoli polmonari è il bilancio tra l'esposizione alla dose virale e la risposta immunitaria innata del paziente. Il virus riesce ad avanzare nei casi in cui il sistema immunitario sia naturalmente indebolito (per esempio negli anziani o nei pazienti immunodepressi). Ma si propaga facilmente anche nel caso di enorme esposizione cumulativa, come è per gli operatori sanitari costantemente a contatto con i droplets di pazienti contagiati; o ancora se, proprio nei giorni dell'incubazione della malattia, si compie esercizio fisico intenso e prolungato, che normalmente comporta elevati flussi e volumi respiratori. Secondo i ricercatori, questo tipo di sforzo e di respirazione che comporta può facilitare l'ingresso del virus nelle vie aeree inferiori, riducendo l'azione protettiva delle mucose.
Tutto in una volta. Questa penetrazione precoce del virus nelle vie aeree inferiori gli fornisce un vantaggio in termini di tempo. Se il SARS-CoV-2 arriva negli alveoli prima che l'organismo abbia sviluppato una difesa immunitaria specifica, prolifera indisturbato. E quando la risposta arriva, è tardiva ed eccessiva: può provocare una grave infiammazione e innescare la produzione a cascata di mediatori chimici che si sommano agli effetti già gravi della polmonite.
Atleti più esposti? Il modello ha il merito di fare ordine nella diversità di manifestazioni cliniche della COVID-19. E lascia con una domanda: come e quanto queste osservazioni peseranno sul dibattito circa il via libera alle attività sportive individuali e professionistiche?