«Una cosa dovrebbe essere chiara e mi pare che non lo sia: il concetto di Fase 2 riguarda la legittima esigenza di riaprire alcuni settori produttivi e allentare gradualmente alcune delle misure costrittive, ma non l'andamento dell'epidemia. Il virus è diffuso nella popolazione e pericoloso oggi come lo era un mese fa. Questo deve essere detto chiaramente. Temo una tendenza ad abbassare la guardia senza misure eccezionali di contenimento del contagio».
Piergiuseppe Pelicci, direttore della ricerca dell'Istituto Europeo di Oncologia e direttore del Dipartimento di Oncologia Sperimentale, è preoccupato. Dare l'idea che siamo usciti dal tunnel è sbagliato. «Da un lato la popolazione deve accettare che dobbiamo imparare a convivere con un virus che circola tra noi e che continuerà a farlo per un lungo periodo. Dall'altro le autorità devono attrezzarsi oggi per garantire più tamponi, la cui necessità aumenterà con la diminuizione delle misure costrittive, e test sierologici massivi, onde evitare di trovarci impreparati come è accaduto all'inizio dell'epidemia».
Tamponi a tappeto. Il 26 febbraio scorso, con altri 290 studiosi, ha lanciato un salvagente ai vertici della politica e della sanità pubblica: «Siamo pronti mettere a disposizione i nostri laboratori per analizzare tamponi così da aumentare la potenza di fuoco almeno di cinque volte». Se gli si chiede come è finita, dice che si è attivata una collaborazione con alcuni ospedali in Lombardia, Piemonte e a Roma, ma che secondo lui non basta. «Non sappiamo ancora se la malattia induce protezione dalla possibilità di reinfettarsi, e, se lo fa, quanto dura la protezione. In questo, i test sierologici potranno aiutarci a capire. Ma andrebbero fatti in gran numero, con un'unica regia e non una tantum. Un test sierologico su un paziente per essere informatico e affidabile deve essere ripetuto nel tempo. Soltanto così si vede come l'organismo va immunizzandosi o meno. E vanno fatti molti più tamponi. A cominciare da chi più esposto al rischio di contagio. Da medici e infermieri, da uomini e donne delle forze dell'ordine, dalle cassiere dei supermercati. Per poi, via via, allargarli ad altri».
Ci stiamo muovendo in quella direzione? «Non abbastanza.
Sui tamponi, per esempio, la domanda mondiale è più alta dell'offerta e bisogna bussare pressantemente alle porte delle aziende produttrici leader del settore, ma non mi risulta che l'Italia sia dietro quelle porte con la stessa determinazione con cui ci stanno gli Stati Uniti e alcuni Paesi del Nord Europa. Questo mi preoccupa».
Secondo Pelicci se non si capisce che screening e mappature sono la priorità, rischiamo di trovarci punto e a capo nel giro di pochi mesi. «Bisogna mobilitare tutte le risorse e le strutture disponibili, altrimenti faremo gli stessi errori che abbiamo fatto finora. È questa la vera Fase 2, non solo quella di uscire un pò di più da casa».