La buona notizia di questi giorni è l'arrivo di un test sierologico affidabile per chiarire chi abbia sviluppato gli anticorpi alla COVID-19. Si tratta di un tipo di prelievo del sangue messo a punto dalla multinazionale di diagnostica DiaSorin dopo settimane di lavoro al Policlinico San Matteo di Pavia: il sangue del paziente che ha avuto la COVID-19 viene inserito in un dispositivo che lo mette a contatto con un frammento proteico sintetico del coronavirus SARS-CoV-2.
Se nel campione sono presenti anticorpi neutralizzanti - quelli "finali" che offrono la protezione maggiore, perché impediscono al virus di proliferare nelle nostre cellule - questi si legano alla proteina sintetica, producendo un segnale luminoso. I risultati sono disponibili in un'ora. Secondo quanto riportato dal sito del Corriere, il test dovrebbe essere approvato in un paio di settimane e approdare poi negli ospedali.
Immunità e guarigione. Gli scienziati del laboratorio di virologia di Pavia hanno validato il prototipo del test esaminando in vitro la quantità e la tipologia di anticorpi presenti nel sangue dei pazienti nelle varie fasi della malattia. L'esame sarà pertanto fondamentale non solo per certificare chi sia ormai immune al nuovo coronavirus; ma anche per capire meglio chi sia guarito dalla COVID-19.
La lunga permanenza del patogeno nell'organismo di pazienti che hanno ormai superato l'infezione rende difficile capire quando ci si possa considerare finalmente "fuori" dalla malattia e non più contagiosi. Ci sono moltissimi pazienti che sono sicuri di aver contratto la COVID-19 ma non hanno mai avuto la possibilità di eseguire un tampone: fortunatamente molti sono guariti, ma, senza un test che abbia certificato la malattia "prima", non c'è la possibilità di effettuarne uno dopo, e certificare la negatività del tampone.
Altri pazienti che hanno ricevuto una diagnosi di COVID-19 sono ormai da giorni liberi dai sintomi, ma i loro tamponi sono ancora positivi. Secondo uno studio pubblicato a marzo sulla rivista Lancet e condotto su 191 pazienti cinesi, il virus è rintracciabile per almeno 20 giorni nei pazienti dimessi dagli ospedali. In un caso, persisteva ancora dopo 37 giorni. Un'altra indagine effettuata nelle strutture di quarantena che a Wuhan hanno ospitato i pazienti dimessi dagli ospedali prima del ritorno alle loro case, ha evidenziato che il 5-10% delle persone ufficialmente guarite tornava ad avere un tampone positivo in seguito (e difficilmente, date le condizioni, poteva trattarsi di un nuovo contagio).
In attesa di risposte. Tra le ipotesi allo studio per spiegare questi casi c'è quella che il virus possa rimanere dormiente nell'organismo e ripresentarsi, o semplicemente che le particelle virali impieghino tempo a liberarci del tutto, un fatto che potrebbe influenzare l'affidabilità dei tamponi.
Ed è qui che i test sierologici potrebbero venire in soccorso. Dopo un primo tampone nasale negativo, si potrebbe ricercare la presenza di anticorpi al SARS-CoV-2 nel sangue del paziente: dalla loro tipologia e quantità si potranno forse avere informazioni sulla persistenza del virus nell'organismo, e sull'eventuale contagiosità del paziente "guarito".