Salute

COVID-19: alte dosi di clorochina possono nuocere alla salute del cuore

Uno studio sulla clorochina in pazienti con SARS-CoV-2 in Brasile è stato bloccato per le gravi aritmie evidenziate in chi ne assumeva in alte dosi.

La clorochina è un medicinale di cui avrete sentito spesso parlare, nelle ultime settimane: l'antimalarico e la sua variante idrossiclorochina, impiegati anche nel trattamento di disturbi autoimmuni, sono infatti tra i farmaci attualmente in sperimentazione contro la COVID-19. Il loro utilizzo per i pazienti in terapia per il coronavirus SARS-CoV-2 è stato autorizzato nell'ambito dell'attuale emergenza sanitaria anche in Italia, ma con la massima prudenza: già all'inizio di aprile l'Agenzia Italiana del Farmaco aveva riportato segnalazioni di alcuni casi di cardiotossicità e di disturbi nella conduzione cardiaca associati alla loro somministrazione. Per la  prescrizione è necessaria un'attenta valutazione delle condizioni del paziente e di eventuali malattie pregresse, mentre si resta in attesa di dati più solidi sulla loro efficacia contro la COVID-19.

È in questo contesto che arriva la notizia di uno studio sull'uso di clorochina nei pazienti con infezione da coronavirus interrotto, in Brasile, per alcune complicazioni cardiache insorte nelle persone soggette al dosaggio più alto. In questi pazienti si sarebbero sviluppate aritmie cardiache che avrebbero aumentato il rischio di decesso. La notizia è riportata su un articolo in attesa di revisione visibile su medRxiv.

Due diversi dosaggi. Lo studio ha coinvolto 81 pazienti affetti da COVID-19 ricoverati in ospedale nella città brasiliana di Manaus. Poiché le linee guida per la terapia contro il coronavirus in Brasile prevedono l'utilizzo di clorochina, non è stato possibile prescrivere ad alcuni il farmaco e ad altri un placebo, come avviene di solito negli esperimenti clinici controllati. Pertanto ad alcuni pazienti è stata somministrata una dose più blanda di 450 milligrammi di clorochina due volte al giorno, per cinque giorni; e ad altri una dose maggiore, di 600 milligrammi due volte al giorno, per 10 giorni. I partecipanti hanno assunto la clorochina in combinazione con azitromicina, un antibiotico usato in tandem con il farmaco contro la COVID-19, anch'esso associato ad aritmie in alcuni pazienti a rischio.

Attenta sorveglianza. Dopo tre giorni dall'inizio delle somministrazioni, i ricercatori hanno iniziato a notare episodi di aritmie nei pazienti sottoposti al dosaggio più alto. Al sesto giorno di trattamento, 11 pazienti di entrambi i gruppi erano morti, e poiché le irregolarità cardiache erano parse più evidenti nel gruppo con dosaggio maggiore, i sanitari hanno deciso di sospendere immediatamente questo segmento dello studio. «Scoperte preliminari suggeriscono - scrivono gli autori dello studio - che il dosaggio più elevato di clorochina (il regime da 10 giorni) non dovrebbe essere raccomandato nel trattamento per la COViD-19 a causa del potenziale rischio per la sicurezza».

La differenza tra i due tipi di dosaggio sarebbe risultata più evidente nei primi tre giorni di trattamento. Due dei pazienti deceduti inclusi nel gruppo "a rischio" avevano sviluppato tachicardia ventricolare prima della morte.

Il team brasiliano ha deciso di continuare a somministrare a tutti i pazienti il dosaggio più basso del farmaco, raccomandando maggiori sperimentazioni sul ruolo della clorochina nel trattamento e nella profilassi anti COVID-19. Se nella maggior parte dei casi l'antimalarico è sperimentato come possibile cura alla COVID-19, l'Università di Oxford ha di recente avviato un'indagine sui suoi possibili effetti protettivi sul personale sanitario, coinvolgendo 40 mila partecipanti in vari continenti. Scopo dello studio sarà capire se il medicinale possa essere impiegato per diminuire le probabilità di contagio in chi è continuamente esposto al contatto con il virus.

È inoltre noto che l'uso di clorochina può scatenare crisi emolitiche acute (l'emolisi è il processo di distruzione dei globuli rossi) in soggetti portatori di varianti genetiche associate a difetto dell'enzima G6PD (nota causa di favismo). Un gruppo di ricercatori dell'Università Federico II di Napoli attivo nel CEINGE-Biotecnologie avanzate ha riportato il tema all'attenzione generale in un articolo su Clinical Chemistry and Laboratory Medicine: poiché la COVID-19 sembra colpire più gravemente la popolazione maschile, nella quale il deficit di G6PD è più grave, è importante che la clorochina venga somministrata sotto stretto controllo medico e conoscendo la situazione clinica dei pazienti.

L'articolo è stato aggiornato il 17/04/2020 con le informazioni su clorochina e favismo.

16 aprile 2020 Elisabetta Intini
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