La variante indiana galoppa nel Regno Unito, proprio nei giorni in cui nel Paese vengono meno le restrizioni sul bere e cenare al chiuso, sul ricevere un piccolo numero di amici e parenti a casa e, finalmente, riabbracciarsi. Lunedì 17 maggio il Ministro della Salute britannico Matt Hancock ha riferito 2.323 casi di contagi dovuti a variante indiana B.1.617.2; erano 1.313 il giovedì precedente (una crescita del 75%) e 520 la settimana prima.
Ci sono 86 circoscrizioni amministrative che riportano almeno 5 casi, ma la maggior parte dei contagi ha investito le città di Bolton e Blackburn, nel nordovest dell'Inghilterra. La variante indiana "divampa come un incendio" tra le persone non ancora coperte dal vaccino, dicono le autorità, che hanno invitato chiunque sia eleggibile a farsi vaccinare il prima possibile.
La campagna vaccinale. Nel Regno Unito più di 36,7 milioni di persone hanno ricevuto la prima dose di vaccino e più di 20,2 milioni la seconda. Mentre scriviamo è possibile prenotarsi per la vaccinazione a chiunque abbia almeno 36 anni. In base a quanto riferito dal Ministro Hancock, la maggior parte delle persone con covid causato da variante indiana ricoverata negli ospedali di Bolton era eleggibile per il vaccino ma aveva scelto di non vaccinarsi; l'opposizione punta invece il dito contro una cattiva organizzazione, con una singola infrastruttura e pochi vaccinatori, che ha rallentato la copertura vaccinale nella città, interessata da almeno 483 dei nuovi casi.
Parola d'ordine: vaccinare. E mentre si valuta la migliore strategia di contrasto - tra lockdown limitati alle aree focolaio, incremento dei test o mini-campagne vaccinali mirate nei luoghi in cui le sacche di virus circolano ancora - i primi dati scientifici sulla risposta della variante indiana ai vaccini rassicurano. La B.1.617.2 sembra molto più trasmissibile di quella inglese B.1.1.7 ed è destinata a soppiantarla nel giro di qualche giorno, tuttavia, i vaccini in uso nel Regno Unito conferiscono una protezione sufficiente almeno contro malattia grave, ricovero ospedaliero e morte indotti da questa versione del virus.
Anche l'EMA nei giorni scorsi ha affermato, per bocca di Marco Cavaleri, responsabile della strategia sui vaccini, che i preparati a mRNA di Pfizer e Moderna forniscono una protezione adeguata contro questa versione di SARS-CoV-2, che non sembra capace di sfuggire alle difese immunitarie con la stessa frequenza della variante sudafricana. L'Agenzia europea del farmaco sta ancora raccogliendo dati sull'efficacia dei vaccini di AstraZeneca e Johnson & Johnson contro la variante indiana, ma è piuttosto sicura che anche questi offrano una protezione sufficiente.
Ecco perché è prioritario completare la campagna vaccinale, estendendo la copertura ai più giovani e somministrando le seconde dosi per una protezione più efficace. Come ha ricordato al Guardian Kit Yates, membro di Independent Sage, un gruppo di scienziati che consiglia il governo nelle emergenze come quella pandemica: «I vaccini non funzionano al 100%. Se la covid è lasciata libera di circolare ad alti livelli nella popolazione non vaccinata, ci sarà sempre una piccola porzione di vaccinati che potrebbe infettarsi e ammalarsi anche seriamente».
Sorveglianza alta. La variante B.1.617.2 inizialmente identificata in India è stata classificata come "variant of concern" (variante di preoccupazione) dal Regno Unito e dall'OMS, dicitura riservata alle varianti che, come in questo caso, hanno mutazioni che le rendono più facilmente trasmissibili (oppure, ma non sembra questo il caso, sono in grado di provocare forme più gravi di malattia o sfuggire ai vaccini). C'è una possibilità concreta che la variante indiana sia fino al 50% più trasmissibile di quella inglese: se fosse davvero così, nel Paese potrebbe essere necessario ripristinare alcune delle misure anti-covid appena abbandonate.