In tempi di pandemia parlare di un vaccino universale, che protegga dai coronavirus in grado di infettare gli umani (sono 7 ceppi noti), equivale a parlare di una pioggia di pane in tempi di carestia: sarebbe una manna, non dal Cielo, ma dalla Scienza. Discutono di questa possibilità alcuni esperti in un articolo di The Conversation, domandandosi se l'ipotesi sia reale, o se si tratti solo di una magnifica e irrealizzabile utopia.
Vaccini promettenti. Se dovessimo guardare a quanto abbiamo realizzato fino ad ora, potremmo scoraggiarci: da anni cerchiamo di sviluppare un vaccino che ci protegga definitivamente dall'influenza stagionale, ma ancora non ci siamo riusciti. Tuttavia l'incredibile turbo scientifico dell'ultimo anno fa ben sperare: i vaccini a mRNA hanno cambiato le carte in tavola, aprendo la strada a una nuova tecnologia che potrebbe facilitare la creazione di un vaccino universale. «Secondo gli esperti ci sono già diversi candidati vaccini universali promettenti», si legge su The Conversation, «ed è persino possibile che entro dodici mesi qualcuno sia pronto per essere somministrato agli umani.»
Tempo e denaro. La Coalition for Epidemic Preparedness Innovations (CEPI) ha stanziato 200 milioni di dollari per lo sviluppo di un vaccino universale che offra una protezione da qualunque coronavirus (anche a prescindere dalle varianti), e riduca la necessità di un adattamento periodico. Secondo Richard Hatchett, amministratore delegato della CEPI, «un vaccino universale sarebbe un Santo Graal, ma il suo sviluppo potrebbe richiedere anni di investimenti». Secondo l'esperto, la strategia più promettente è quella di cercare i punti deboli comuni a tutti i coronavirus, da colpire per sviluppare una risposta immunitaria che ci protegga.
Tre candidati. In realtà esistono già diversi protovaccini promettenti, alcuni dei quali hanno dato buoni risultati durante le sperimentazioni sugli animali.
Il primo approccio viene descritto da Barton Haynes, immunologo alla Duke University (USA): l'idea è quella di attaccare a una nanoparticella proteica dei "pezzettini" di RBD (receptor-binding domain, ossia regione specifica di legame con il recettore, parte che si lega al recettore ACE2 della cellula ospite) della proteina spike appartenenti a diversi coronavirus. Questa particella costituirebbe il nucleo del vaccino. I primi esperimenti sulle scimmie sembrano promettenti: il protovaccino pare bloccare non solo il SARS-CoV-2 e le relative varianti, ma anche il SARS-CoV-1 (il coronavirus della SARS) e altri tipi di coronavirus che potrebbero fare il salto di specie in futuro.
Un altro potenziale vaccino è quello sviluppato da un team del California Institute of Technology (Caltech): l'approccio è simile a quello della Duke University, e prevede l'utilizzo di una nanoparticella alla quale "attaccare" pezzettini di proteina spike.
Anche qui, i risultati dei test effettuati sui topi sono promettenti, e mostrano che una singola dose di vaccino potrebbe mettere fuori gioco diversi coronavirus animali e umani.
Combattere tutti i coronavirus. Anche l'Università di Cambridge sta studiando un modo per combattere tutti i coronavirus con un unico vaccino, e lo fa con un metodo innovativo che utilizza un costrutto di DNA (un segmento di DNA creato artificialmente): «una volta identificato l'antigene, la piccola sezione di codice genetico che il virus utilizza per riprodurre le parti essenziali della propria struttura viene inserita in un vettore», spiegano gli studiosi. Il nostro sistema immunitario, una volta ricevute le informazioni dal vettore, riconosce l'antigene e programma la propria risposta. Nelle sperimentazioni animali questo metodo ha dato ottimi risultati, fornendo protezione contro diversi sarbecovirus (sottogenere di coronavirus al quale appartiene il SARS-CoV-2) e altri coronavirus.
Insomma, il cammino verso un vaccino universale è lungo, ma non impossibile da percorrere: bisogna avere fiducia nella scienza e ricordarsi che, fino a un anno e mezzo fa, l'idea di un vaccino efficace e sicuro pronto in un anno era considerata folle dai più, e oggi in Italia i vaccinati sono quasi 40 milioni.