«Abbiamo un messaggio semplice per tutti i Paesi: testate, testate, testate»: è l'appello lanciato il 16 marzo dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Per bloccare la diffusione del nuovo coronavirus è necessario intensificare gli sforzi per individuare le positività, isolare i malati e controllare (con i tamponi) chiunque sia stato in contatto ravvicinato con essi fino a due giorni prima che cominciassero a sviluppare sintomi.
Quanto è estesa l'infezione? Le misure di distanziamento sociale possono aiutare a ridurre la diffusione dell'infezione e scongiurare il collasso dei sistemi sanitari. Sono quindi indispensabili, ma da sole non sono sufficienti. Per distruggere la struttura portante della pandemia da coronavirus e interrompere la catena dei contagi, occorre affiancare alla quarantena estese campagne di tamponi che riguardino tutti i casi sospetti: «È la combinazione che fa la differenza», ha ribadito Tedros Adhanom Ghebreyesus, Direttore generale dell'OMS, «non si può combattere un incendio bendati, e non possiamo contrastare una pandemia se non sappiamo chi è stato contagiato».
Quarantena domestica. L'OMS ha già spedito un milione e mezzo di tamponi per il coronavirus a 120 Paesi, e sta lavorando con diverse aziende per aumentare la disponibilità di test nei Paesi in cui ce n'è più bisogno. Sarebbe preferibile che i pazienti positivi, anche con sintomi lievi, venissero seguiti in strutture sanitarie, per prevenire ulteriori contagi e prestare cure adeguate. Ma - come vediamo in Italia - non è sempre possibile, e per chi assiste un ammalato di COVID-19 a casa esiste un protocollo preciso per limitare le probabilità di trasmissione.
Dove possibile, i pazienti positivi al coronavirus dovrebbero dormire in stanze separate e utilizzare un bagno diverso dal resto della famiglia, oltre a indossare una mascherina ogni volta che condividono una stanza con altri. Di loro dovrebbe occuparsi una persona in buone condizioni di salute e senza malattie pregresse, che deve lavarsi le mani dopo ogni contatto e disinfettare le superfici toccate da entrambi. Nessun altro dovrebbe entrare in casa finché la malattia non è passata, ossia fino a due settimane dalla fine dei sintomi.
Accoppiata vincente. Questo approccio su due fronti è decisivo perché la maggior parte dei pazienti con COVID-19 riporta sintomi lievi o moderati: se si escludono i casi di zona rossa nazionale, come l'Italia, c'è la possibilità che queste persone, annoiate, escano di casa e continuino a contagiare i loro contatti.
In Cina si è scelto di affiancare all'isolamento domestico quello in stadi e dormitori. In Corea del Sud si è deciso per un tracciamento rigoroso dei casi sospetti e di tutti i loro contatti, con almeno 248 mila persone sottoposte a tampone e di conseguenza, un tasso di mortalità molto contenuto (0,9%). In molti casi, i test sono avvenuti in stazioni su strada in stile Mc-Drive, anche al ritmo di 10 mila al giorno.