Prevenire la diffusione del nuovo coronavirus a suon di spremute e integratori? Troppo bello per essere vero, e infatti non lo è: è estremamente improbabile che la vitamina C possa proteggere dal SARS-CoV-2, come invece fanno le misure di mitigazione adottate nel nostro Paese (#iorestoacasa, mi lavo spesso le mani, mantengo distanze e igiene respiratoria). Negli ultimi giorni, le doti indubbiamente salutari della vitamina C sono state associate da diversi "influencer" a un fantomatico rafforzamento del sistema immunitario utile a prevenire il COVID-19, la malattia portata dal nuovo coronavirus. Ma sono affermazioni prive di fondamento scientifico, che possono portare chi ci spera ad assumere integratori senza controllo medico e in dosi eccessive.
Dove nasce l'equivoco. La fama della vitamina C come un supernutriente in grado di tenere alla larga raffreddori e persino tumori e malattie cardiache fu alimentata negli anni '70 dal Premio Nobel Linus Pauling, e da allora cavalcata dal mercato degli integratori alimentari. Tuttavia, è supportata da ben poche evidenze scientifiche, nonostante sia stata più volte testata e messa alla prova.
L'unico beneficio emerso è relativo alla durata dei raffreddori: una revisione di studi precedenti pubblicata nel 2013 ha trovato che una dose giornaliera di almeno 200 milligrammi (oltre il doppio di quella raccomandata) può ridurre di un giorno la durata del comune raffreddore nell'8% degli adulti e nel 14% dei bambini. Ma la maggior parte degli studi analizzati si riferiva a persone che ne avevano assunte in dosi massicce in periodi di intenso stress fisico - come durante una maratona o un addestramento militare. Nella popolazione generale, l'effetto di prevezione o riduzione è praticamente nullo.
I test in corso. Come ricorda un articolo su The Conversation, al momento non ci sono indicazioni sul fatto che integrazioni di vitamina C possano qualcosa contro il COVID-19, e anche se un effetto ci fosse, sarebbe modesto. Uno dei tanti test clinici compassionevoli su pazienti affetti da infezione da coronavirus sta indagando la possibilità della vitamina C introdotta in dosi massicce con infusioni intravenose di alleviare i sintomi e migliorare la risposta dei pazienti curati in ospedale. Il trial riguarda 140 pazienti che hanno ricevuto 12 g di vitamina C per infusione due volte al giorno per 7 giorni (la dose giornaliera raccomandata per un adulto è 90 mg) oppure un placebo. I risultati non saranno disponibili prima di settembre: le notizie su presunti benefici che girano già ora sono purtroppo infondate.
Benefici generali. Detto ciò, l'assunzione corretta di vitamina C attraverso l'alimentazione (agrumi ma anche broccoli, patate, peperoni, frutti rossi) resta importante per la salute in generale e per la corretta funzionalità del sistema immunitario - che, ricordiamo, è "vergine" di fronte al coronavirus, un patogeno completamente nuovo per l'uomo.
La vitamina C è un antiossidante che neutralizza i radicali liberi generati dal normale metabolismo e da fattori di stress (raggi UV, inquinamento), impedendo loro di danneggiare le cellule e procurare infiammazione. Aiuta ad attivare enzimi chiave per la produzione di ormoni e di collagene, una sostanza che si trova nella pelle e nei tessuti connettivi di molti organi (tra cui i polmoni).
In sostanza, il corpo ha bisogno di vitamina C, che non riesce a produrre in autonomia, per sostenere il sistema immunitario e allo stesso tempo prevenire danni metabolici. Anche se questa sostanza è idrosolubile e viene facilmente eliminata attraverso l'urina, in dosi eccessive può provocare nausea, diarrea e dolori addominali.