L'Organizzazione Mondiale della Sanità potrebbe rivedere le linee guida sulla trasmissione della covid, dopo la richiesta di centinaia di scienziati di riconsiderare la possibilità che il virus SARS-CoV-2 si diffonda non solo attraverso le più plateali emissioni di "goccioline infette" di quando si tossisce o starnutisce (droplets), ma anche mediante particelle più piccole esalate quando parliamo o respiriamo (aerosol).
Queste ultime, più fini e leggere, potrebbero rimanere nell'aria per ore. Se il contagio avvenisse anche così, bisognerebbe rafforzare misure come distanziamento e mascherine, e migliorare l'aerazione dei luoghi chiusi e affollati, a cominciare dagli ospedali.
Una nuova prospettiva. Sembra una questione di tecnicismi e forse lo è, ma le ricadute sono squisitamente pratiche. Per mesi, l'OMS ha spiegato che la covid si trasmette attraverso i droplets, ossia le goccioline più grandi di saliva, espulse con forza da naso e bocca quando si tossisce o starnutisce. I droplets sono abbastanza pesanti da non rimanere a lungo nell'aria: ricadono quasi subito sulle superfici - ecco perché da febbraio ci laviamo più spesso le mani, igienizziamo le maniglie ed evitiamo, quando possibile, di toccarci bocca, naso e occhi.
Tuttavia sono in molti, nella comunità scientifica, a ritenere che vi siano prove importanti della possibilità di trasmissione del coronavirus anche attraverso le più fini particelle di gas e saliva (aerosol) che emettiamo senza accorgerci quando parliamo e respiriamo. Sia i droplets sia gli aerosol viaggiano nell'aria, ma se per i primi la permanenza "in volo" è limitata, i più leggeri aerosol formano invece nuvole che rimangono sospese nell'aria anche per ore: se il virus viaggiasse anche così dovremmo concentrarci su alcune specifiche forme di prevenzione, come un più netto distanziamento, l'obbligo di mascherine nei luoghi chiusi e il divieto di assembramenti in locali che non garantiscano una buona ventilazione.
Rischio invisibile. Negli ultimi mesi si era dibattuto molto sul numero di metri di distanza da mantenere nonché sulle circostanze che facilitano la trasmissione. Da tempo si diceva, per esempio, che per un paziente positivo fosse sufficiente cantare o parlare a voce alta per aumentare il rischio di contagio. Il 6 luglio, 239 scienziati di 32 diversi Paesi hanno inviato all'OMS una lettera aperta per dire che esistono sempre più prove del fatto che il SARS-CoV-2 possa rimanere sospeso per ore in piccole goccioline di aria stagnante, una circostanza che potrebbe spiegare alcuni recenti eventi di super diffusione nei mattatoi, nelle chiese e nei ristoranti.
Dove magari non si starnutisce, ma si condivide la stessa aria per ore al chiuso, respirando uno sull'altro.
Non è chiaro, si legge nel documento, quanto spesso questo avvenga rispetto alla trasmissione via droplets o superfici infette; ma bisognerebbe considerare di ridurre il tempo trascorso al chiuso con persone che non siano della propria famiglia, e scuole, ospedali, case di riposo e aziende dovrebbero provvedere ad aggiungere nuovi filtri per l'aria o luci ultraviolette capaci di contrastare le particelle virali.
Questione di misure. L'unica differenza tra droplets e aerosol è nelle dimensioni delle goccioline: talvolta gli scienziati chiamano aerosol i droplets di meno di 5 micrometri di diametro (un decimo dello spessore di un capello). Più piccoli dei droplets, gli aerosol contengono anche meno carica virale, ma essendo più leggeri possono persistere nell'aria per ore, soprattutto in assenza di ricircolo. Ecco perché, se i timori fossero confermati, distanziamento e lavaggio delle mani potrebbero non bastare. Occorrerebbe incoraggiare lo svolgimento delle attività all'aperto e investire su mascherine e ventilazione per rendere meno rischiosi i luoghi chiusi. L'OMS si è presa qualche giorno di tempo per rivedere tutti gli studi sul tema fin qui pubblicati ed eventualmente aggiornare le sue raccomandazioni.