Chi ha viaggiato negli ultimi mesi dopo lo scoppio dell'epidemia di CoViD-19 (ora pandemia, qui il numero sempre aggiornato dei casi di coronavirus in Italia), si sarà dovuto sottoporre in alcuni aeroporti al controllo della temperatura corporea, effettuato con un termometro a infrarossi.
Questi controlli servono realmente? Anche se si disconosce il numero esatto dei casi rilevati negli aeroporti di tutto il mondo, quello che è certo è che non hanno aiutato a fermare l'epidemia (negli Stati Uniti, ad esempio, su 46.000 passeggeri monitorati tra il 2 e il 23 febbraio solo uno è risultato positivo alla CoViD-19). Talvolta, anzi, hanno "contribuito" a diffonderla, come nel caso di otto cinesi rientrati a fine febbraio a Shangai da Bergamo che, dopo aver passato i controlli della temperatura nell'aeroporto cinese, si sono ammalati di CoViD-19 mentre tornavano nella provincia di Zhejiang, fino a quel momento non colpita dal virus SARS-Cov-2.
Sbagliando s'impara (o forse no). Neanche dal passato arrivano dati confortanti: secondo quanto riporta uno studio del 2019 pubblicato sull'International Journal of Environmental Research and Public Health, tra agosto 2014 e gennaio 2016, ad esempio, non venne rilevato nessun caso di Ebola tra i 300.000 passeggeri provenienti da Guinea, Liberia e Sierra Leone: quattro individui però erano infetti, e riuscirono a passare i controlli in uscita poiché ancora asintomatici. Con la pandemia influenzale di H1N1 del 2009 per Cina e Giappone non andò meglio: i casi individuati in aeroporto furono molto meno di quelli reali, e il contagio si diffuse in entrambi i Paesi.
Perché non funziona. L'inaffidabilità degli screening è dovuta a diversi fattori: innanzitutto i termometri misurano la temperatura della pelle, che può essere più alta o più bassa di quella interna. Un altro aspetto riguarda la buona fede dei passeggeri: molti potrebbero assumere farmaci per abbassare la temperatura corporea, o mentire sui sintomi o su dove sono stati. Esiste un ultimo fattore che incide sull'esattezza dei risultati: se il contagio è avvenuto da poco, la malattia potrebbe trovarsi ancora nel periodo di incubazione, e l'individuo potrebbe non presentare alcun sintomo. Questo aspetto è particolarmente rilevante nel caso della CoViD-19, che ha un periodo di incubazione che va dai due ai quattordici giorni.