Cercare sulla superficie del nuovo coronavirus il lasciapassare che consente l'accesso alle cellule: è la sfida che affrontano in queste settimane i ricercatori di tutto il mondo, nel tentativo di trovare nuovi bersagli terapeutici per il COVID-19. Alcune analisi genetiche e microscopiche avrebbero identificato una "chiave" su una proteina superficiale del virus che sembra spianargli la strada di ingresso nell'organismo; altri studi si concentrano, invece, su alcuni specifici recettori delle cellule umane, le "porte" che il SARS-CoV-2 usa per entrare.
primo indiziato: un enzima. Il nuovo coronavirus sembra diffondersi più rapidamente di quello della SARS, e ha infettato finora 10 volte più persone. Come spiega un articolo su Nature, il SARS-CoV-2 contagia l'organismo ospite usando una proteina sulla sua superficie, la spicola, che si lega alla membrana cellulare della "vittima" in un processo facilitato da diversi enzimi.
Analisi genetiche del nuovo coronavirus, come quella pubblicata sul server ChinaXiv da Li Hua, biologo strutturale dell'Università di Scienze e Tecnologie di Huazhong di Wuhan, suggeriscono che la spicola del SARS-CoV-2 sia diversa da quelle di altri coronavirus suoi "parenti", e che sulla superficie di questa proteina vi sia un sito attivato da un enzima delle cellule ospiti, la furina.
La furina si trova non solo nei polmoni umani, ma anche su molti altri organi e tessuti, come fegato e intestino tenue. Forse proprio la presenza di questo enzima potrebbe spiegare alcuni sintomi registrati da pazienti con sintomi gravi da COVID-19, come l'insufficienza epatica. Se l'ipotesi si rivelasse fondata, questo implicherebbe che il nuovo coronavirus ha la potenzialità di attaccare più organi.
Dubbi. Anche altri gruppi di lavoro hanno messo gli occhi sul sito di attivazione della furina, che sostengono possa facilitare la trasmissione del SARS-CoV-2 tra uomo a uomo. Gli stessi siti si trovano anche su altri virus che si diffondono facilmente nella popolazione, come quelli di alcune forme serie di influenza (in questo caso non sono localizzati sulla spicola, ma su una proteina chiamata emoagglutinina). L'ipotesi furina non convince però del tutto la comunità scientifica. Alcuni virologi ricordano che spicola ed emoagglutinina - le proteine sulla superficie di coronavirus e di virus influenzali - non si assomigliano affatto, e che finora il SARS-CoV-2 ha avuto un comportamento così imprevedibile, che servono analisi più approfondite per confermare questa teoria.
Secondo iniziato: un recettore. Gli stessi gruppi di lavoro che studiano la furina, stanno anche cercando molecole, in grado di disattivarla, che potrebbero servire come possibili terapie.
Altri ricercatori stanno invece affrontando il problema sulla sponda opposta, non analizzando la superficie del virus ma quella delle cellule infettate. Jason McLellan, biologo dell'Università del Texas ad Austin, ha dimostrato che la spicola del nuovo coronavirus si lega a un recettore sulle cellule umane - l'enzima di conversione dell'angiotensina 2 (ACE2) - 10 volte più saldamente di come farebbe il virus della SARS. Trovare un farmaco in grado di bloccare questo recettore potrebbe ostacolare l'accesso del patogeno alle cellule.