Prevenire il contatto con le zanzare del genere Anopheles è solo una parte delle strategie di contenimento della malaria. Per fermare la corsa del Plasmodium falciparum, il principale parassita responsabile di quasi mezzo milione di morti per malaria ogni anno, occorre arginare la sua trasmissione "di ritorno" dall'uomo alle zanzare. E quindi proteggere proprio gli insetti vettori, al fine di impedire nuovi contagi. L'approccio non è nuovo e ha seguito in passato diverse strade, come quella dei batteri intestinali "armati" contro il plasmodio o degli insetti ingegnerizzati per combatterlo direttamente nel proprio corpo.
Ora, un gruppo di ricercatori dell'Imperial College London ha individuato alcuni composti farmacologici che sembrano interferire con la capacità del parassita della malaria di infettare le zanzare, e che quindi hanno la potenzialità di bloccare la trasmissione della malattia. Il loro lavoro è stato pubblicato su Nature Communications.
Un avversario subdolo. Il parassita che causa la malaria ha un ciclo di vita complesso. Un essere umano infetto ospita nel sangue le forme asessuate del plasmodio, che causano i sintomi visibili dell'infezione. Alcune forme del parassita seguono invece la strada dello stadio sessuato: queste rimangono dormienti nell'organismo e difficilmente sono attaccabili dai farmaci. Una persona curata dai sintomi della malattia risulta quindi ancora infettiva per le zanzare che dovessero pungerla.
Quando l'individuo infetto viene punto da un'altra zanzara, questi gametociti dormienti, maschili e femminili, vengono ingeriti dall'insetto e si insediano nel suo organismo. Nel corpo della zanzara si uniscono, si moltiplicano e si sviluppano molto velocemente, sino a migrare nelle ghiandole salivari dell'insetto, pronti a ricominciare il ciclo e infettare un nuovo essere umano.
«Proponiamo farmaci antimalarici che proteggano le zanzare e impediscano ai parassiti di continuare il loro viaggio infettante. Combinando questi farmaci con gli antimalarici tradizionali, non solo potremo curare l'individuo, ma anche proteggere la comunità» ha spiegato Jake Baum del Dipartimento di Life Sciences di Imperial College, tra gli autori della ricerca.
Ardua selezione. Poiché i gametociti sono particolarmente attivi una volta entrati nel corpo della zanzara, gli scienziati hanno riprodotto queste condizioni in laboratorio per "risvegliarli" e favorirne la moltiplicazione, in modo da poter analizzare facilmente i loro punti deboli al microscopio. Hanno così testato sulle cellule del plasmodio circa 70 mila composti nell'arco di diversi anni, fino a identificarne 6 appena che sono efficaci e allo stesso tempo sicuri per l'uomo.
Non solo: poiché non è possibile somministrare farmaci direttamente alle zanzare, occorre siano abbastanza stabili per essere dati all'uomo e sopravvivere poi nel passaggio dall'uomo alla zanzara.
Insomma, come trovare un ago in un pagliaio. Ma ne è valsa la pena: i risultati, per ora, sembrano promettenti.