Un team internazionale di ricercatori ha dato vita a un maxi catalogo - il più vasto ad oggi - delle variazioni strutturali del Dna, cioè quei cambiamenti registrati in ampie sezioni della sequenza genetica di una persona. Una miniera di informazioni che ha riservato alcune sorprese scientifiche. Per esempio: "smarrire" un gene può essere meno problematico di quanto si pensi.
Il super database creato da scienziati del Laboratorio europeo di biologia molecolare (Embl), dell'università di Washington e colleghi, mostra come queste alterazioni genetiche su larga scala variano nelle popolazioni di tutto il mondo e sarà un faro per futuri studi in materia di genetica, evoluzione e malattie.
Geni mancanti. Il lavoro (svolto con il "Progetto 1.000 genomi") è pubblicato oggi su Nature, affiancato da un documento sui risultati finali del progetto. «Abbiamo analizzato i genomi di 2.500 persone e siamo rimasti sorpresi nel vedere che più di 200 geni mancano del tutto in alcune persone», spiega Jan Korbel, che ha guidato le attività all'Embl a Heidelberg, in Germania.
In linea con le conoscenze sulla diversità genetica, il team ha scoperto che le variazioni strutturali presenti nei genomi delle persone dipendono dalla loro area di provenienza. Nelle popolazioni europee e asiatiche le variazioni strutturali hanno apportato un maggior numero di modifiche al genoma rispetto alle popolazioni africane, mentre i genomi africani hanno ospitato una maggiore varietà nel complesso. Gli scienziati hanno anche dimostrato che le variazioni strutturali hanno spesso effetti maggiori rispetto ai cambiamenti nelle singole lettere del genoma. E grazie agli sviluppi tecnologici, sono stati in grado di catalogare nuovi tipi di variazioni strutturali che negli studi precedenti erano state disperse.
«Quando i medici si accorgono che in un paziente manca un pezzo del genoma - commenta Evan Eichler, a capo dei lavori all'università di Washington - hanno la tentazione di abbinare quest'assenza a una diagnosi. Ora possiamo dire che ci sono alcuni geni che in realtà non dovrebbero essere usati così per cercare di spiegare le malattie».
«Il nostro lavoro - afferma Oliver Stegle che con il suo team ha preso parte allo studio - mostra che le variazioni strutturali sono spesso suscettibili di avere conseguenze funzionali. Ora possiamo dire ai ricercatori dove guardare quando cercano di capire le cause genetiche di una determinata condizione».
I dati sono stati immediatamente messi a disposizione online e, attraverso questa "banca" pubblica, altri scienziati hanno già cominciato a usarli. Tanto che i ricercatori hanno pubblicamente ringraziato «tutti coloro che hanno donato il loro Dna» per la causa.